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Del seguente articolo:

Febbraio - Marzo/2011 -
Libia, bombe, vittime, ipocrisia, petrolio
Andrea Nemiz

Questa guerra con i nostri bombardieri che colpiscono obiettivi strategici in Libia, difficilmente sarà chiara per tutti. La Francia, appoggiata da inglesi e altri (ma la Germania si è fatta indietro) ha dato il via alle operazioni militari. Sarkozy, forse anche con calcolo elettorale si era già detto pronto ad avviare bombardamenti mirati. I caccia di Parigi hanno aperto il fuoco contro un mezzo dei fedeli di Gheddafi, il leader sanguinario. Una ventina i Rafale che sono stati coinvolti negli attacchi, diretti su diversi obiettivi intorno alla roccaforte ribelle di Bengasi. L’intervento militare italiano, ovviamente nel contesto della Nato, è invece montato poco alla volta: all’inizio si parlava solo di sette basi di appoggio in Italia per gli aerei della coalizione, successivamente i nostri caccia sono stati coinvolti “solo ed esclusivamente” per neutralizzare le strutture di intercettazione libiche - i radar - che avrebbero potuto individuare e colpire gli aerei Nato. Terzo passo: i nostri Tornado, su esplicita sollecitazione dagli Usa, sono stati chiamati con il loro potenziale di fuoco. Così si è espresso il nostro Capo dello Stato: «Non siamo in guerra. Siamo impegnati in un'azione autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. E ancora: «Tutti siamo preoccupati per quello che succede in Libia: repressioni forsennate e violente da parte del governo e del suo leader contro la stessa popolazione libica» L’Italia ha così messo a disposizione i suoi Tornado. Il Ministro La Russa ha spiegato che questi aerei «si aggiungono agli altri assetti forniti dalle altre nazioni che partecipano e compiranno le loro azioni sotto un unico comando che è a Napoli » . Il Ministro ha sottolineato che l’Italia ha aderito alla coalizione, «trasferendo sotto il comando della coalizione stessa, otto aerei, ma se fra un minuto ci chiedessero altri tipi di aerei valuteremmo. Una cosa è certa: non è intenzione dell'Italia mettere caveat al proprio intervento». «Vogliamo partecipare alla pari a questa operazione - ha aggiunto - finalizzata alla salvaguardia della popolazione libica» «Utilizzeremo tutti gli assetti che abbiamo a disposizione e che »sono di altissima precisione, in grado di colpire in maniera chirurgica una base militare, un carro armato e tutti quegli obiettivi che mettono a rischio l'incolumità dei civili libici». Difficile da capire, anche perché documenti univoci che possano giustificare operazioni di morte, mirate alla salvaguardia della gente di Libia, non sono stati ancora perfettamente diffusi. Difficile da capire, inoltre, su una rapida lettura della nostra Costituzione che, come si dice, sembrerebbe ‘tirata per la giacchetta’... L’art. 11, infatti recita testualmente: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Ma perché non dire semplicemente che fra alcuni big d’Europa si è aperta una gara per chi arriva primo a giacere sul letto del petrolio?


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