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Del seguente articolo:

Febbraio - Marzo/2011 -
L'efferato assassinio a Gaza di un nostro volontario per la pace
"Restiamo umani, anche quando intorno a noi l'umanità pare si perda"
Paola Gregory

Vittorio Arrigoni, trentasei anni, è stato ucciso a Gaza poche ore dopo essere stato barbaramente sequestrato: invocava questa frase tutti i giorni, al termine di ogni sua corrspondenza

“Restiamo umani” ha sempre ripetuto Vittorio, a qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo e donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità. Gli stessi diritti che rivendichiamo per noi, appartengono anche a tutti gli altri e le altre, senza eccezione alcuna

“Questa barbarie terroristica suscita repulsione nelle coscienze civili e spero che si accertino la verità e le responsabilità su quanto è accaduto” . Lo ha scritto il capo dello Stato Giorgio Napolitano in una lettera inviata alla signora Egidia Beretta, mamma del cooperante assassinato. Per anni, ogni giorno, Vittorio ha raccontato nei suoi blog, con parole e immagini, indipendenti e imparziali, la vita vera e la lotta per la sopravvivenza di due milioni di persone rinchiuse a Gaza. Aveva scelto di stare nell’inferno di quelle terre sia per aiutare chi da quell’inferno non poteva andarsene che rompere il silenzio indifferente sulla Striscia di Gaza, diventata un buco nero nella cronaca e nella politica; una gigantesca macchia oscura nell’etica e nella morale collettiva Vittorio è stato un esempio fra i tanti volontari per la pace che vivono nei conflitti dalla parte delle vittime, per svelare le bugie delle guerre e aiutare a superare i conflitti. Un luminoso esempio di quei “corpi civili di pace” che la società civile internazionale sta cercando di mettere in funzione nei luoghi di conflitto. Ma che la comunità politica internazionale si ostina a ignorare, preferendo il sempre ricco ricorso alla forza delle armi. Il Comitato di Gestione dell’Ufficio della Pace (c/o Ufficio Informagiovani - tel. 0173 292348) continuerà comunque a far conoscere e sostenere le iniziative e i movimenti che operano con la nonviolenza nei conflitti, come l’International Solidarity Movement, una Ong votata alla causa palestinese, di cui faceva parte Vittorio Arrigoni. Un altro di questi movimenti sarà la prossima Freedom flottilla che tenterà di superare il blocco navale di Gaza per portare aiuti alla popolazione e il movimento dei giovani palestinesi di Gaza e Cisgiordania che si impegnano per l’unità e la democrazia nel paese. Sono loro che per primi hanno condannato il sequestro e cercato di salvare il volontario italiano. Blogger e giornalista, Arrigoni è stato il primo straniero a essere rapito a Gaza dopo che quattro anni fa un corrispondente inglese, il reporter della Bbc Alan Johnston, fu catturato da un altro gruppo locale simpatizzante di Al Qaeda, ma fu liberato dopo 114 giorni di prigionia e lunghe trattative sotterranee. L'attivista italiano erano molto noto a Gaza dove lavorava da tempo. Aveva partecipato in passato, fra l'altro, alla missione di una delle prime flottiglie salpate per sfidare il blocco marittimo imposto da Israele all'enclave dopo la presa del potere di Hamas nel 2007 seguita all'estromissione violenta dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente moderato Abu Mazen Vittorio, Vik lo chiamavano gli amici, era un attivista cooperante volontario, un altruista, un libero appassionato osservatore dei fatti, uno che immaginava la libertà di un popolo oppresso da decenni di guerre e stava là, col suo corpo come scudo umano, col suo impegno ad accompagnare tanti feriti all’ospedale Al Shifa, lo stesso che, nei giorni successivi all’assassinio, ha custodito il suo corpo fino al trasferimento in Italia. I suoi ideali erano quelli di un uomo che ha dedicato la vita e la ha donata a un popolo che non era nemmeno il suo. "Che giustizia sia fatta, che i colpevoli paghino, ma nel rispetto della dignità della vita umana". Questo è stato l'appello alle autorità di Hamas, reso noto da Peace Reporter, di Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni. che è anche il sindaco di Bulciago, il paese nel lecchese da cui Vittorio proveniva. La donna, primo cittadino del paese, ha aggiunto di sapere bene che a Gaza vige la pena di morte e di sapere anche che i presunti esecutori dell'omicidio di Vittorio, se ritenuti colpevoli, quasi sicuramente ikn base alla legge islamica, sarebbero stati giustiziati. Ha aggiunto però sia di essere lei stessa contro la pena di morte, ma anche suo figlio lo era in quanto considerava la vita come il valore supremo. Per questo, Egidia Beretta ha chiesto che chi dovrà giudicare i suoi assassini deve sapere che Vittorio non avrebbe mai voluto che fossero condannati a morte. "Se la morte di Vittorio non porterà che frutti di pace e di speranza, quest'altra morte non genererebbe che odio e violenza - ha concluso- se me ne compiacessi, come potrei, come potremmo continuare a ripetere il grido, l'appello, la supplica di Vittorio: 'restiamo umani'?". Nel frattempo però, le autorità di Hamas avevano comunque già arrestato i due presunti esecutori dell'omicidio ed erano alla ricerca di altre quattro persone, delle quali sono state diffuse le foto.. La legge islamica, la sharia, ricorda Peace Reporter, prevede la pena di morte per omicidio, stupro, apostasia, la rapina a mano armata e il traffico di stupefacenti. Il corpo senza vita del cooperante è stato trovato in un appartamento di Gaza City dai miliziani di Hamas, al termine di un blitz condotto nel cuore della notte. I rapitori non hanno dunque rispettato la scadenza dell'ultimatum, assassinandolo diverse ore prima. Eppure, erano stati gli stessi sequestratori a fissare per le 16 di venerdì il rilascio dei loro «confratelli» detenuti, pena l'uccisione dell'ostaggio Dai primi esami sul corpo, sembra che Arrigoni sia stato ucciso probabilmente con un cavo metallico in modo tanto brutale da lasciare sul collo anche segni con tracce di sangue. Le indagini erano scattate immediatamente dopo la diffusione di un video sul sequestro: rivendicato da una sigla poco nota della galassia salafita di Gaza che si ispira alle parole d'ordine di Al Qaeda, la Brigata Mohammed Bin Moslama. Nel video il volontario italiano appariva bendato e col volto insanguinato, mentre scorreva una scritta in arabo in sovraimpressione che lo accusava di propagare i vizi dell'Occidente fra i palestinesi e che imputava all'Italia di combattere contro i Paesi musulmani e ingiungeva a Hamas di liberare i salafiti detenuti nella Striscia entro 30 ore. Poi, nella notte, è arrivata la svolta. Dopo la diffusione del video, le indagini hanno portato all'arresto di un primo militante salafita, il quale ha condotto gli uomini di Hamas fino al covo: un appartamento nel rione Qarame, a Gaza City, che i miliziani delle Brigate Ezzedin al-Qassam (braccio armato di Hamas) hanno espugnato nel giro di pochi minuti, dopo una breve sparatoria conclusa con la cattura di un secondo salafita. Per Arrigoni, però, ormai non c'era più nulla da fare. L’uccisione di Vittorio Arrigoni è stata così lavata nel sangue, come mai lui stesso avrebbe voluto. Con un blitz delle milizie di Hamas nel campo profughi di Nuseirat, nella Striscia di Gaza: dove si era scoperto che si erano barricati i presunti assassini di Vittorio si è sviluppato un cruento scontro a fuoco. Nel pomeriggio Mohammad al-Salfiti, uno dei rapitori, s’era consegnato ad Hamas in seguito alla sparatoria. I suoi complici, però, erano rimasti chiusi in un edificio, decisi a resistere fino alla morte. Secondo le prime notizie arrivate da Gaza, uno dei due sarebbe morto nello scontro a fuoco; l’altro, un giordano, si sarebbe invece suicidato per scampare all’arresto. Ad accompagnare Vittorio nel viaggio da Gaza City fino a casa c’era Osama l’amico palestinese arrivato apposta da Londra, che ha così ricordato l’amico scomparso: “Lo conoscevo da dieci anni. Ho con me il suo zaino e la sua collana. È ancora qui. Vittorio si stupiva quando la gente lo ringraziava per quello che faceva. Faccio quello che mi piace, rispondeva. Era sempre cosi”.
In apertura di una seduta del Senato della Repubblica è stata ricordata la figura del volontario di Bulciago assassinato a Gaza. L'iniziativa è stata del parlamentare leccese Antonio Rusconi del Partito Democratico. “Penso sia importante per me, senatore della Provincia di Lecco, ricordare il giovane volontario Vittorio Arrigoni, e portare il cordoglio ai familiari, in particolare alla madre sindaco di Bulciago, Egidia Beretta. Penso si possa discutere - sono uscite sui giornali anche discussioni fuori luogo - sulle azioni o le parole dette da Vittorio, ma penso anche sia certo che lui in questi anni abbia percorso e si sia mosso per un ideale nobile. E su questo dobbiamo essere tutti d'accordo! Con molta coerenza in questi anni è rimasto a Gaza, con l'ideale nobile di cercare più pace e giustizia per questa terra”. E ancora. aggiunto, “Il ricordo «Restiamo umani», che non serve ad assolutizzarlo ma ad associarlo all'idea di avere un po' più di pace in questa terra, lo troviamo in quanto ha scritto don Nandino Capovilla come coordinatore dell’organizzazione cattolica ‘Pax Christi’: ‘Sei rimasto con gli ultimi, caro Vittorio, e i tuoi occhi sono stati chiusi da un odio assurdo, così in contrasto, così lontano dall'affetto e dalla solidarietà della gente di Gaza, da tutta la gente di Gaza che non è un posto scomodo dove si odia l'Occidente, ma un pezzo di Palestina tenuto sotto embargo e martoriato all'inverosimile”.


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