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Del seguente articolo:

Ottobre-Dicembre/2011 -
‘Ecosistema Rischio 2011’, 5 milioni di persone in pericolo
Andrea Nemiz

Sono oltre 5 milioni in Italia le persone esposte al rischio idrogeologico, pochi i comuni che organizzano attività informative ed esercitazioni. Nel rapporto presentato a fine anno da Legambiente e Protezione Civile, sono 6.633 le amministrazioni comunali italiane classificate a rischio idrogeologico potenziale più elevato. Abitazioni in aree a rischio esistono nell’85% dei comuni intervistati e nel 56% di questi si tratta di fabbricati industriali. Cifre imponenti queste, ma che si sta facendo? Siamo sempre in un ritardo congenito nella prevenzione e nell’informazione ai cittadini mentre troppo cemento invade fiumi, ruscelli e fiumare, come pure aree a ridosso di versanti franosi e instabili. Questa in sintesi la situazione che emerge da “Ecosistema Rischio 2011”, un’indagine che ha monitorato le attività di prevenzione realizzate da oltre 1.500 fra le 6.633 amministrazioni comunali italiane classificate a rischio idrogeologico elevato. I risultati dell’indagine sono stati presentati dal Capo Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli, dalla direttrice nazionale di Legambiente, Rossella Muroni, e dal responsabile nazionale protezione civile di Legambiente, Simone Andreotti. Ben 1.121 tra i comuni intervistati (l’85%) rilevano la presenza sul proprio territorio di abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in zone a rischio frana; accanto a questi, sono rilevanti le percentuali dei comuni che dicono di avere entro i perimetri delle zone classificate ‘a rischio’ fabbricati industriali (56%), interi quartieri (31%), strutture pubbliche sensibili come scuole e ospedali (20%) e strutture ricettive turistiche o commerciali (26%). A fronte di una situazione di forte pericolo, sono ancora poche le amministrazioni (29% di quelle interpellate) che affermano di essere intervenute in maniera positiva nella mitigazione del rischio idrogeologico. Migliore, invece, appare la situazione nell’organizzazione del sistema locale di protezione civile: l’82% dei comuni intervistati ha dichiarato di avere un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, anche se soltanto la metà lo ha aggiornato negli ultimi due anni. “I drammatici eventi che hanno colpito Liguria, Toscana, Sicilia, Calabria - ha spiegato la direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni - sono solo le ultime tragiche testimonianze di quanto il territorio italiano abbia bisogno non solo di un grande intervento di prevenzione su scala nazionale ma anche di come la popolazione debba essere informata e formata ad affrontare gli eventi calamitosi”. Dobbiamo lavorare, insomma, anche per affermare una nuova cultura del rischio che renda le persone capaci di evitare comportamenti pericolosi di fronte a fenomeni naturali purtroppo non più eccezionali ma intensificati, ormai con evidenza, dagli effetti dei cambiamenti del clima. Sul fronte del territorio poi – ha aggiunto Muroni - è assolutamente prioritario e fondamentale dare maggiore efficacia ai vincoli che vietano di costruire nelle aree esposte al pericolo, programmare e realizzare gli abbattimenti dei fabbricati abusivi, delocalizzare dove possibile le strutture a rischio e investire in interventi di qualità per la sicurezza”.


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