L'errore di valutazione sarebbe nato a causa di una connessione sbagliata nel cavo di fibra ottica tra un rilevatore gps e un pc usato per calcolare il tempo impiegato dai neutrini per raggiungere i nostri centri di ricerca al Gran Sasso dal Cern di Ginevra. Tutto però da confermare.
Nei mesi scorsi era stata diffusa la notizia - con altisonante enfasi - che i neutrini siano più veloci della luce. È stato però un falso allarme. Lo scrive il numero in uscita della rivista «Science». L’errore non stava della relatività di Einstein ma in una banale connessione in fibra ottica tra il ricevitore GPS e il computer usato per calcolare il tempo impiegato dai neutrini a viaggiare dal Cern di Ginevra al Laboratorio sotterraneo del Gran Sasso. Era il 23 settembre dell’anno scorso quando l’équipe dell’esperimento «Opera» diffuse al mondo l’annuncio bomba. Per fortuna lo fece con una certa cautela. Così come cauti sono stati tutti nell’accoglierlo, e spesso scettici, soprattutto i fisici di tutto il mondo. Ma la notizia era così clamorosa che occupò le prime pagine di tutti i giornali. La velocità della luce è una costante della fisica. Averla superata avrebbe messo in discussione la teoria fondamentale di Einstein e avrebbe pure indotto riflessioni imbarazzanti: l’effetto potrebbe precedere la causa. La rivista «Science» ha però lanciato la contro notizia e lo stesso gruppo di ricercatori in un comunicato di dieci righe ha giustamente spiegato la causa dell’errore. Ma non è finita in quanto non sembrerebbe proprio detta l’ultima parola, in quanto, come ovvio occorrebbe prudenza anche nella smentita, Staremo a vedere ma, comunque, allo stato delle cose la velocità dei neutroni non sarebbe superiore a quella della luce,
Quando fu data la notizia, c’erano pure degli scettici nella stessa équipe di «Opera». Eppure sembra avessero controllato tutto e si disse che i neutrini prodotti a Ginevra, dopo aver attraversato la crosta terrestre sotto le Alpi e gli Appennini fino al Gran Sasso per 720 chilometri, sembravano aver guadagnato 60 miliardesimi di secondo rispetto alla velocità della luce. Questioni micro infinitesimali a portata solo degli scienziati. I fisici di «Opera» furono i primi a stupirsi. Decisero di comunicare il loro sconcertante risultato proprio per chiedere ai colleghi americani e giapponesi, che hanno esperimenti simili, di verificare come stessero le cose.
Subito dopo l’équipe di «Opera» si è messa a controllare meglio il proprio esperimento. I fasci di neutrini erano un po’ troppo lunghi, non si poteva sapere se si catturava un neutrino della testa o uno della coda dei fasci: li hanno accorciati perché la misura fosse più precisa. Poi con i satelliti GPS hanno meticolosamente controllato la distanza Cern-Gran Sasso, riducendo l’incertezza a una ventina di centimetri. Il sospetto era che ci fosse un errore sistematico, perché la differenza di tempo saltava fuori in modo costante su 15 mila neutrini osservati. In effetti era così: l’errore sistematico si annidava in un pezzetto di fibra ottica, dove la luce non viaggia alla velocità della luce ma più lentamente, sia perché non è nel vuoto sia perché dentro la fibra viene continuamente rifratta. Era quel rallentamento a far sembrare i neutrini più veloci.
L’annuncio del 23 settembre ebbe un risvolto divertente. L’allora ministro dell’Istruzione e Ricerca Mariastella Gelmini fu anche lei più veloce della luce nel rivendicare al proprio ministero il merito di un fantomatico tunnel nel quale i neutrini disputerebbero le loro corse travolgenti da Ginevra all’Abruzzo. Non sapevano, il ministro e il suo ufficio stampa, che per i neutrini la materia è perfettamente trasparente perché sono particelle a interazione debolissima. E neppure che non esistono al mondo tunnel così lunghi, il che è geografia, non sofisticata fisica delle particelle. Oggi, con il senno di poi, si può dire che quell’intervento fu due volte sbagliato. Niente tunnel, niente neutrini superveloci rispetto alla luce.
Qualche riflessione dovranno fare anche gli scienziati perché è vero che si impara sbagliando.
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