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Del seguente articolo:

Marzo-Aprile-Maggio/2012 -
Il sisma nelle regioni del nord
Capannoni industriali crollati come fossero di carta Si contano i danni del terremoto, economia in ginocchio
Paola Gregory

La seconda fase del terremoto ha piegato le gambe alle aziende modenesi che a fatica stavano cercando di sollevarsi dopo il sisma scoppiato dieci giorni prima. Proprio in quelle ore, chiuse le verifiche di agibilità, gli operai delle fabbriche della zona stavano iniziando a far rientro al lavoro. Il difficile cammino del ritorno alla normalità si è quindi bloccato e ha fatto marcia indietro. Immediatamente i Vigili del Fuoco, i volontari della protezione civile, i militari del Genio sono tornati a scavare nelle macerie, a guardare sgomenti sagome di capannoni venuti giù come fossero di carta. Purtroppo in questa seconda fase lo scenario non è cambiato, semmai è peggiorato. Nelle fabbriche dove venivano costruiti i motori che hanno fatto la storia dell'automobile, così come nei magazzini delle ceramiche o nei laboratori del più importante distretto europeo per le aziende biomedicali, lo sgomento è tornato ad essere lo stesso, anzi maggiore e lo si leggeva sui visi dei soccorritori e di quegli operai che per loro fortuna non avevano ancora ripreso a lavorare. Sgomento anche in quei contadini che guardavano le macerie dei loro cascinali in mattoni rossi, venuti giù, presto, al mattino. Gli uomini dell’emergenza guardavano disperati i cumuli di macerie, i pilastri spezzati con i tetti ormai completamente collassati in basso. Tetti che avevano schiacciato le merci che producevano e che custodivano. E c'era poi la disperazione per chi era rimasto sotto quelle macerie, la corsa frenetica per ritrovare i corpi. C’era anche la disperazione di chi non sapeva se si sarebbero mai trovate le energie per ripartire. Immensa la paura di dover rientrare tra quelle mura che erano rimaste ancora in piedi. La maggior parte delle vittime del secondo terremoto sono dunque stati gli operai morti rientrati in fabbrica. Operai che pare fossero stati richiamati al lavoro contro la loro stessa volontà e si è così drammaticamente innalzato il bilancio provvisorio delle vittime. A San Felice al Panaro è morto anche un'ingegnere che stava controllando l'agibilità dei capannoni e che è stato travolto dalle macerie assieme ad alcuni operai. Stava eseguendo controlli di stabilità per capire se la struttura, sembra dichiarata agibile, avrebbe retto a nuovi sussulti. Quando è arrivata la nuova potente scossa, secondi di terrore, dieci… quindici…Sono sembrati un'eternità ma troppo breve per consentire la fuga a quegli operai. E così sono morti, schiacciati dalle immense travi mentre la terra tremava ancora. I capannoni di alcune fabbriche, che già erano stati soltanto danneggiati, sono dunque venuti fragorosamente. Diverse le vittime anche concentrate in pochi stabilimenti: in provincia di Modena, vittime nel crollo della Bbg di San Giacomo Roncole, un’altra vittima sotto le macerie dell’Aries Biomedicale; a Medolla, sempre nel modenese, vicino all’epicentro di questo nuovo sisma, altri hanno perso la vita sotto i resti dell’Haemotronic. Altre cinque vittime a Mirandola che, da fiore all'occhiello nel settore del biomedicale, sembra ormai una città fantasma. Altri morti a San Felice, uno a Rovereto, uno a San Possidonio; una donna è rimasta uccisa sotto le macerie di un mobilificio di Cavezzo. Qui il capannone si è piegato su se stesso, dopo che la terra ha tremato per 15 secondi. Tre operai sono scomparsi nel crollo della Meta, industria metalmeccanica dove lavoravano insieme indiani sikh, marocchini e italiani. “Questi uomini volevano reagire e il desiderio di tutti gli abitanti di San Felice sul Panaro era quello di ricominciare ma per ora questa voglia è soffocata dalla paura, dalle poche sicurezze che abbiamo, dalle scosse che ci logorano - ha detto il sindaco di San Felice, Alberto Silvestri – e solo quando ritroveremo la tranquillità potremo farcela”. “Questa volta il sisma ci ha colpito mentre tentavamo di riprenderci”, gli ha fatto eco il primo cittadino di Finale Fernando Ferioli. Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, ha provato a rassicurare: “Tutto sarà ricostruito, come già detto da Monti, e la nostra Regione non sarà lasciata sola”. Nelle menti degli imprenditori emiliani, comuinque, ci sono ancora i 5.000 posti a rischio per il terremoto di dieci giorni fa. Ancora non sono stati fatti bilanci per quel che riguarda i danni industriali del sisma ‘prima fase’ e, ovviamente, nemmeno di quello successivo. la Coldiretti valuta un danno di mezzo miliardo. L'associazione ha tenuto conto “dei nuovi crolli e lesioni di case, stalle, edifici rurali”. Sempre secondo la Coldiretti “altri 550.000 pezzi tra forme di grana e parmigiano, in aggiunta ai 500.000 già colpiti dalla scossa del 20 maggio scorso”, sono stati danneggiati dalla nuova scossa sismica. “In pratica - spiega l’Associazione - è stato colpito il 10% della produzione annua di due dei formaggi più popolari e diffusi del made in Italy, e la metà di questo 10% viene considerata non più recuperabile in alcun modo”. Per Ettore Prandini, presidente della Coldiretti Lombardia, quanto avvenuto in questi giorni “rischia di mettere in ginocchio il settore: le forme perse o danneggiate servivano anche come garanzia per crediti e finanziamenti che le aziende avevano chiesto alle banche per gestire l'attività e gli investimenti. Adesso non c'è un minuto da perdere e ognuno deve fare la propria parte”. In una prima analisi della Confederazione Coldiretti i danni ammontano a circa per 200 milioni e in questa cifra si tiene anche conto delle lesioni subite da animali e macchinari. Oltre 400 mila sono le forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano cadute a terra per il crollo delle ‘scalere’ . Ancora riguardo a valutazioni non definitive, comunque, il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri ha detto di non potere “formulare una cifra definitiva in quanto stiamo analizzando una materia in continuo divenire: dipende dai controlli che stanno facendo i vigili del fuoco e le aziende”. Un’altra voce autorevole, quella di Luigi Mai, presidente della Cna di Modena, parla di almeno 2 miliardi di danni. “La mia stima - ha detto alle agenzie - vale solo per la zona attorno a Mirandola e sarebbe attorno ad un paio di miliardi. È crollato tutto”. Anche la prefettura di Modena ha sottolineato che è impossibile al momento avere stime precise, aggiungendo che “Il danno non è rappresentato solo dalle macerie, ma dal fatto che possono essere a rischio migliaia di posti di lavoro”. Coldiretti sottolinea infine che ci sono le condizioni per un contributo da parte dell'Ue, perché i danni avrebbero superato i 3 miliardi di euro, precisando che solo per il settore agricolo superano i 500 milioni. Una spinta alla fiducia è arrivata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Dico agli emiliani: abbiate fiducia, abbiate speranza, abbiate certezza che si potrà risanare il territorio dalle ferite”.


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