Lavoro è dignità. Chi non lo ha, o l’ha perduto, o non lo trova, purtroppo è nella condizione di non avere, suo malgrado, dignità. Ne va della dimensione dell’Uomo, immagine di Dio.
Papa Francesco a Cagliari parla duro. Constatando la tragedia della disoccupazione e della precarietà, ha messo in stato d’accusa il moderno sistema sociale che ha posto al centro il suo idolo di sempre, il “deo denaro”, invece dell’uomo e della donna
Quando decise che sarebbe andato nell’isola per venerare la Madonna di Bonaria nel maggior santuario mariano della Sardegna caro ai migranti. Papa Bergoglio non immaginava di trovare una situazione così grave, con i minatori del Sulcis sul lastrico dal 2009, la tuta e il casco inutilizzati e gli altri lavoratori nei più vari settori, dall’agricoltura alla pesca, dal turismo ai servizi, a braccia incrociate che ora gli confessano la loro pena, l’umiliazione di non poter portare il pane a casa.
Glielo confessano nel pianto, uno a nome di tutti, nella piazza dove lo hanno accolto con grande entusiasmo, fin dall’aeroporto, lo hanno salutato con le bandierine, lo hanno applaudito. Ora lo abbracciano, gli si aggrappano al collo, lo baciano, gli offrono il casco come un simbolo. Come un Padre, un fratello, un amico. Il loro dolore è il dolore di Francesco. Non legge le due cartelline del discorso che aveva preparato. “Queste le consegno al vostro Vescovo”, dice. Parla a braccio. Col cuore. Come sempre. Conclude con una preghiera che la folla segue in silenzio. Chiede a Gesù di sostenere la lotta per il lavoro. E la gente grida: “lavoro, lavoro, lavoro”. Dal fondo, una voce: “Sei unico” Populismo? No. Amore, perché il popolo è di Dio, e Francesco, rappresentante di Dio in terra, è col popolo.. Anche i critici si sono convinti.
A Cagliari non hanno assunto rilievo politici e uomini di Stato ( presenti tra gli altri il ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri, il governatore Ugo Cappellacci, l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede Francesco Maria Greco, il nunzio apostolico Adriano Bernardini), ma gli operai, i disabili in prima fila, i malati, i giovani, gli anziani. Per ognuno Papa Francesco ha avuto gesti e parole affettuose. Duro solo contro il dio-denaro. ''Io vi dico coraggio, ma non voglio che questa sia una parola vuota detta con un sorriso. Non voglio fare l'impiegato della chiesa che dice parole vuote. Voglio che questo venga da dentro, ve lo dico come pastore e come uomo! ''La mancanza di lavoro - prosegue - porta alla mancanza di dignità. Non lasciatevi rubare la speranza, non lasciatevi rubare la speranza!” Ha riferito la sua personale esperienza di figlio di un emigrato. Ai giovani ha parlato di missione, di fedeltà alla Cresima, dell’importanza di non abbattersi. Ha raccontato un bellissimo episodio. “Ieri ho fatto il 60° anniversario del giorno in cui ho sentito la voce di Gesù nel mio cuore. Ma questo lo dico non perché facciate una torta, qui, no. 60 anni da quel giorno. Non lo dimentico mai. Il Signore mi ha fatto sentire fortemente che dovevo andare per quella strada. Avevo 17 anni. Sono passati alcuni anni prima che questo invito fosse concreto e definitivo. Dopo sono passati tanti anni con alcuni successi, di gioia, ma tanti anni di fallimenti, di fragilità, di peccato… 60 anni sulla strada del Signore, dietro a Lui, accanto a Lui, sempre con Lui. Soltanto vi dico questo: non mi sono pentito! Non mi sono pentito! Ma perché? Perché io mi sento Tarzan e sono forte per andare avanti? No, non mi sono pentito perché sempre, anche nei momenti più bui, nei momenti del peccato, nei momenti della fragilità, nei momenti di fallimento, ho guardato Gesù e mi sono fidato di Lui, e Lui non mi ha lasciato da solo.
Nell’amplissima intervista alla rivista del Gesuiti “La Civiltà cattolica”, papa Bergoglio ha confidato candidamente: “Non sono di destra”, anche se sono stato autoritario. Però, quando insegnava ai futuri sacerdoti, acconsenti che iniziassero gli studi da quei testi che loro consideravano più avanzati, forse anche meno ortodossi. Così apprezzarono i testi ufficiali. Ma dopo – ha precisato nell’intervista – ho cambiato. Dal giorno della sua elezione ad oggi, in sei mesi, Papa Francesco sta esaltando il valore del Vescovo e della collegialità episcopale, che è un fronte aperto per il dialogo con i Cristiani, principalmente con gli Ortodossi, e per la riforma della Curia ha istituito una Commissione di 8 cardinali, altre Commissioni per studiare soluzioni sullo Ior, la banca vaticana, per i separati, i divorziati e le coppie conviventi. Insomma, si consulta e cerca la concertazione. In poco più di 6 mesi ha compiuto atti significativi e proprio in questi giorni ha varato nomine nei dicasteri pontifici, alla Congregazione per il Clero, alla segreteria del Sinodo dei Vescovi.
Sul fronte italiano, è attesa la nomina di mons. Mariano Crociata, segretario della Cei, a Ordinario militare. Nell’intervista alla Civiltà cattolica, il cuore del messaggio e l'immagine della Chiesa come «ospedale da campo» dopo una battaglia. Un ospedale dove si curano le ferite. E ai feriti gravi
- tanti uomini e donne di oggi che hanno smarrito il senso della vita, o che vivono nelle situazioni più disparate e «irregolari» - è inutile chiedere se hanno il colesterolo e gli zuccheri alti. Si devono tamponare, curare le ferite, perché non muoiano. Per tutto il resto ci sarà tempo dopo”. Una Chiesa che Francesco non riduce a «una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il senso della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità». Il Papa sogna «una Chiesa Madre e Pastora». «La Chiesa è feconda, deve esserlo. Quando mi accorgo di comportamenti negativi di ministri della Chiesa o di consacrati o consacrate, la prima cosa che mi viene in mente è: ‘ecco uno scapolone’, o ‘ecco una zitella’. Non sono né padri, né madri. Non sono stati capaci di dare vita». La pastorale missionaria, dice Francesco, «non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus. Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali».
La visione che Francesco ha della sinodalità, ossia del concerto dei Vescovi, si dipana «a vari livelli. “Con le altre Chiese «dobbiamo camminare uniti nelle differenze: non c’è altra strada per unirci. Questa è la strada di Gesù». E la donna nella Chiesa? Un interrogativo ricorrente, un tema attuale. «Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della donna. Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa: riflettere sul posto specifico della donna anche proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa».E’ una visione nuova quella di Papa Francesco. “Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla ‘sicurezza’ dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio”.
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