All’Accademia Nazionale dei Lincei una mostra storica
sul periodo romano di Verdi e le sue opere negli anni dell’Italia Unita
Allestita nelle maestose e suggestive sale settecentesche della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana (fra le più antiche al mondo), è stata inaugurata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la mostra storico documentaria “Verdi e Roma”.
Frutto di una sinergica collaborazione con l’Istituto Nazionale Studi Verdiani, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il Teatro dell’Opera di Roma, grazie al contributo finanziario della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’esposizione, curata da Olga Jesurum, fra i massimi esperti dell’iconografia teatrale ottocentesca e Marco Guardo, direttore della Biblioteca dei Lincei, è inserita nell’ambito delle Celebrazioni per il bicentenario dalla nascita del compositore di Busseto.
La mostra, dedicata al musicologo linceo Pierluigi Petrobelli, intende fare luce sul complesso rapporto di Giuseppe Verdi con la Roma dell’Ottocento, nella sua duplice veste di sede del papato, prima, e Capitale d’Italia, poi. Il grande compositore nutre sentimenti opposti verso la città: amore e odio. Da un lato, infatti, ne critica i teatri e la loro cattiva e superficiale gestione, dall’altro ne ama la vita e ancor di più alcune persone che vi conosce. Dal suo canto, Roma, divenuta capitale, mira a fare di Verdi uno dei simboli della raggiunta Unità e della cultura nazionale. Fra gli amici fidati di Verdi a Roma lo scultore Vincenzo Luccardi (friulano, ma capitolino d’adozione), i musicisti Emilio Angelini ed Eugenio Terziani, il senatore del Regno d’Italia Giuseppe Piroli, e ancora il poeta Cesare Pascarella. Costoro non riescono tuttavia a far consolidare un buon rapporto fra la città il compositore il quale si concede solo viaggi essenziali, prove e debutti delle sue opere nei teatri dell’Urbe.
Nella sua mente Roma era lontana da città come Milano o Napoli (dove le sue permanenze sono ripetute e durature, spesso anche legate all’esigenza di completare importanti composizioni da rappresentare altrove). Si possono così limitare solo a un paio i suoi soggiorni romani di rilievo: due prime, una al Teatro Apollo per il Ballo in maschera nel 1859 e l’altra al Teatro Costanzi per il Falstaff nel 1893.
Quando il compositore arrivò per il Un ballo in maschera andò ad alloggiare in via di Campo Marzio. Su quell’edificio, in tempi successivi, l’Amministrazione capitolina pose un’epigrafe: Giuseppe Verdi abitò in questa casa l'inverno del 1859 quando prime le scene di Roma udirono le melodie del Ballo in maschera intanto che dalle Alpi ai due mari voci di popolo acclamando alla gloria di lui nel suo nome espressero le rideste speranze d'Italia e additarono il re liberatore.
Il secondo importante soggiorno di Verdi a Roma, all’Hotel del Quirinale nel 1893, fu per la prima del Falstaff al Teatro Costanzi.
I suoi amici non riuscirono però ad aiutarlo nel saldare un suo buon rapporto con la città e i suoi pernottamenti si limitavano solo alle necessità di prove e debutti delle sue opere.
La mostra, che si articola su nove sale con un colto apparato documentario dell’epoca, racconta la storia di questi debutti, ognuno dei quali segnò, nel bene e nel male, la carriera del compositore.
Il primo debutto, quello dei Due Foscari sulle scene del Teatro Argentina, fu la conseguenza di un fatto negativo: il soggetto dell’opera era stato rifiutato a Venezia, poiché chiamava in causa una famiglia i cui eredi rimanevano ancora fin troppo influenti a livello locale. Ancora sul palcoscenico di questo teatro, il debutto della Battaglia di Legnano: evento singolare perché strettamente legato al contesto storico nel quale si inserisce. Era la nascente Repubblica Romana, proclamata da Garibaldi solo dieci giorni dopo la prima dell’opera nel Gennaio 1849.
In altre circostanze l’ansia del debutto si intreccia al timore per l’atteggiamento della censura papale verso i libretti: ciò accade per il debutto del Trovatore, che andò regolarmente in scena al Teatro Apollo nel gennaio 1853, e del Gustavo III, titolo ai più ignoto perché modificato radicalmente dai censori fino a diventare Un ballo in maschera. A nulla poterono in quest’ultimo caso né la determinazione del compositore, né tantomeno le decantate doti suasorie di Vincenzo Jacovacci, detto Cencio, che da pescivendolo di professione era diventato l’impresario di tutti i teatri di Roma, Apollo compreso.
Sul finire del XIX secolo, Roma divenuta Capitale accoglie altri due titoli verdiani. Uno è Otello, del quale l’impresario del Teatro Costanzi, Guglielmo Canori era riuscito ad assicurarsi con il beneplacito di Verdi lo spettacolo all’indomani del debutto alla Scala (7 febbraio 1887). Segue il Falstaff, che il nuovo impresario del Costanzi, Gino Monaldi voleva inizialmente far debuttare a Roma, un’idea abbandonata solo in ragione di una tenace opposizione dell’autore dell’opera. Così, anche in questo caso, Roma conoscerà il titolo dopo Milano. Occorre però fare dei distinguo: se proprio da lì arriveranno le scene e il cast dell’Otello, nel caso del Falstaff il teatro si assunse l’onere di produrre in proprio le scenografie, dipinte da Giovanni Zuccarelli.
L’apparato documentario in esposizione è ricco, vario e articolato. Esso comprende anzitutto alcuni autografi che testimoniano la presenza di Verdi a Roma, come il carteggio a mezzo telegramma intercorso con l’allora sindaco Emanuele Ruspoli in occasione della prima romana del Falstaff e la documentazione inerente al conferimento della cittadinanza onoraria di Roma al compositore di Busseto, all’indomani della prima. Ancora appartenenti a questa classe di documenti sono alcune lettere di Verdi a Vincenzo Luccardi e Alberto Cametti nonché la documentazione sugli interventi della censura pontificia che condussero a Un ballo in maschera: si potranno ammirare quindi i libretti del Conte di Gothemburg, proposto in sostituzione al Gustavo III, e della Vendetta in dominò con le modifiche imposte dalla censura pontificia.
Ampia la documentazione esposta sugli aspetti performativi dell’opera verdiana a cavallo fra diciannovesimo, ventesimo e ventunesimo secolo, esposta grazie alla collaborazione con l’Archivio storico del Teatro dell’Opera di Roma. Lungo il percorso una imponente selezione di costumi legati a grandi nomi della sartoria teatrale italiana (creazioni di Luigi Sapelli, in arte Caramba, Odette Nicoletti, Anna Biagiotti sino a Luchino Visconti, regista e scenografo di uno storico Don Carlo). Questi costumi sono stati indossati da illustri artisti del firmamento lirico che hanno calcato i palcoscenici romani nel corso di questo e del precedente secolo. Non mancano infine illustrazioni originali dei principali artisti figurativi che collaborarono con il Teatro dell’Opera, tra cui Duilio Cambellotti e Alfredo Furiga.
Nelle teche che si susseguono nelle diverse sale del percorso, si intrecciano anche bozzetti di scenografie, in gran parte provenienti dall’Archivio storico del Teatro dell’Opera. Ad attirare l’attenzione di appassionati e studiosi sono i bozzetti originali delle prime romane, affiancati da altri lavori di Filippo Peroni, Romolo Liverani, Giuseppe Betoja e Giuseppe Rossi.
Impreziosisce ulteriormente la mostra, uno spazio dedicato a due cantanti che hanno legato in modo indelebile sia la loro carriera a Verdi, sia il nome di Verdi al Teatro dell’Opera. In primo luogo Antonietta Stella, attivissima e acclamata interprete verdiana fin dal 1951, quando il 27 gennaio (esattamente cinquanta anni dopo la morte di Verdi) debutta trionfalmente a Roma nella Forza del destino con Mario del Monaco e Tito Gobbi. Questo grande cantante (nel 2013 ne ricorreva il centenario dalla nascita) è stato non solo un interprete verdiano di primo piano (sono ufficialmente consegnate alla storia le sue interpretazioni del Rigoletto, Simon Boccanegra e Falstaff) ma anche una tra le figure artistiche maggiormente poliedriche e versatili del secolo scorso, uno dei i pochi ad affiancare all’intensa carriera lirica e all’attività di insegnante, quella di regista. Per gentile concessione del Museo di Bassano del Grappa, sua città natale, la mostra ospita tre suoi costumi: quello per Simon Boccanegra (immortalato nella copertina della storica incisione discografica per Emi), quello per Jago e quello per Falstaff.
In chiusura, un’adeguata sezione multimediale che contiene non solo agili video di approfondimento, documenti e carteggi a ‘sfoglialibro’ relativi ai multiformi aspetti di Verdi uomo e musicista (utili a comprendere oltremodo la complessità del personaggio), ma anche una selezione video dei brani più rilevanti delle opere oggetto della mostra. Sono fruibili registrazioni di varie epoche, provenienti dall’Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi, dall’Istituto Nazionale di Studi Verdiani nonché da collezioni private di alcuni illustri nomi della lirica, Antonietta Stella, Sylvia Sass (storica interprete del Macbeth, ma anche dei Lombardi alla prima crociata e di Stiffelio) e Renato Bruson. Sono consultabili pure video di messinscene prodotte dal Teatro dell’Opera di Roma, con materiali solitamente non accessibili e riservati allo studio, messi a disposizione dei visitatori per gentile concessione dell’Archivio Storico ed Audiovisuale di quel Teatro.
Nota: Il testo di questo articolo è tratto da quello dei pannelli che arricchiscono la mostra, realizzati dai curatori Guardo e Jesurum, coadiuvati dal Comitato organizzatore composto da Ebe Antetomaso, Paola Cagiano de Azevedo, Alessandro Romanello, Andrea Trentini e dall’equipe di redazione della quale fanno parte Daniela Armocida, Annalisa Bini, Vincenza Busseti, Monica Calzolari, Claudio Comastri, Paola Cagiano de Azevedo, Maria Pia Critelli, Carla Ferrantini, Maria Pia Ferraris, Patrizia Formica, Elvira Grantaliano, Lucia Maglioni, Alessandra Malusardi, Susanna Panetta, Francesco Reggiani, Eleonora Serrao, Marco Stacca, Laura Zumkeller.
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Verdi e Roma
Mostra storico-documentaria dicembre 2013 / marzo 2014
Comitato scientifico: Tullio Gregory (Presidente), Bruno Cagli, Catello de Martino, Olga Jesurum,
Luciano Martini, Giorgio Pestelli, Emilio Sala, Rosario Villari, Marco Guardo (segretario)
Curatori della mostra: Marco Guardo, Olga Jesurum
Progetto di allestimento: Paola Gregory, con Giulia Turano
Grafica e immagini: Andrea Nemiz, con Davide Bartoli, Marco Pasqualini
Comitato organizzatore: Ebe Antetomaso, Paola Cagiano de Azevedo, Andrea Dibitonto, Alessandro Romanello, Andrea Trentini
Ufficio Stampa: Giovanni Anzidei
Testi dei pannelli: Ebe Antetomaso, Daniela Armocida,Paola Cagiano de Avedo, Claudio Comastri,
Maria Pia Critelli, Cecilia Gobbi,Susanna Panetta, Francesco Reggiani, Marco Stacca
Enti prestatori: Bibliomediateca dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Archivio Storico ed Audiovisuale della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, Istituto Nazionale di Studi Verdiani, Archivio di Stato di Roma, Archivio Storico Capitolino, Roma, Archivio Storico Ricordi © Ricordi & C. S.r.L., Milano, Bassano del Grappa. Museo-Biblioteca-Archivio, Biblioteca Nazionale Braidense, Milano, Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, Roma, Biblioteca Vallicelliana, Roma, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Perugia, Fondazione Musei Civici di Venezia, Museo Correr - Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, Museo teatrale alla Scala, Teatro Regio Torino, Archivio Storico, Collezione Associazione Musicale “Tito Gobbi”, Roma, Filippo Perrone, Castelnuovo di Porto (Roma), Massimo Prampolini, Roma, David Urman, Venezia
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FOTO: Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano davanti al pannello della Battaglia di Legnano, l'opera di Verdi che debuttò a Roma nel 1849, proprio quando fu proclamata la Repubblica Romana. Accanto al Presidente il prof. Tullio Gregory con i curatori della mostra Marco Guardo e Olga Jesurum.
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