Sin dalle rilevazioni Istat dello scorso anno con il “Rapporto sulla povertà in Italia”, gli individui considerati in povertà relativa, erano risultati 9 milioni e 563mila, pari al 15,8% della popolazione (13,6% nel 2011).
Inoltre, coloro che erano stati classificati nel quadro di una povertà assoluta, avevano raggiunto il numero di 4 milioni e 814mila persone.
Queste persone, considerate come i “più poveri tra i poveri” erano state rapportate sulla base di un paniere e servizi essenziali pari all'8% della popolazione (nel 2011 erano il 5,7%).
L'incidenza di povertà assoluta aumenta tra le famiglie con tre componenti (dal 4,7% al 6,6%), con quattro (dal 5,2% all'8,3%) e con cinque o più componenti (dal 12,3% al 17,2%); tra le famiglie composte da coppie con tre o più figli, quelle in povertà assoluta passano dal 10,4% al 16,2%; se si tratta di tre figli minori, dal 10,9% si raggiunge il 17,1 per cento. Aumenti della povertà assoluta vengono registrati anche nelle famiglie di monogenitori (dal 5,8% al 9,1%) e in quelle con membri aggregati (dal 10,4% al 13,3%).L'incubo della povertà assoluta minaccia tutti: operai, impiegati e dirigenti
Oltre che tra le famiglie di operai (dal 7,5% al 9,4%) e di lavoratori in proprio (dal 4,2% al 6%), la povertà assoluta aumenta tra gli impiegati e i dirigenti (dall'1,3% al 2,6%) e tra le famiglie dove i redditi da lavoro si associano a redditi da pensione (dal 3,6% al 5,3%).
L'unico segnale di miglioramento - ha rilevato l'Istat - si osserva in termini relativi per le persone anziane sole (l'incidenza passa dal 10,1% all'8,6%), probabilmente - spiega l'istituto - anche perché hanno un reddito da pensione, per gli importi più bassi adeguato alla dinamica inflazionistica.
Nelle zone rurali, inoltre, sono 7 so 10 i pensionati che si trovano vicini alla soglia della povertà. In queste zone si verifica pure il record di assegni minimi distribuiti alla popolazione ed è questo il picco più basso nel contesto di crisi generale. Questi dati vengono sottolineati dall'Anp-Cia, l'Associazione Pensionati della Confederazione Italiana Agricoltori. Se l'Inps ha ricordato che quasi metà degli anziani a riposo vive con meno di mille euro al mese, ancora peggio va nelle zone rurali: in quelle aree c'è la massima concentrazione di assegni minimi, sotto i 500 euro. Una situazione peggiorata fortemente negli ultimi cinque anni.
Secondo l'Istat i poveri in Italia sono più di 9 milioni e mezzo. “Le persone che vivono nelle campagne e si avvicinano alla soglia sono circa 3 milioni” spiega Vincenzo Brocco, presidente Anp-Cia, e daquando è iniziata la crisi c'è stato un aumento superiore al 20%”. Il vero problema secondo l'associazione è il fiscal drag. “Se l'inflazione è del 2% e si alzano gli assegni della stessa percentuale, lo Stato non può prendersi la metà di quell'incremento con le tasse. C'è chi si è trovato a pagare di più perché cumulando una casa e una piccola pensione è passato allo scaglione più alto”.
Come si spiega il fatto che nelle zone rurali le difficoltà sono maggiori?
“Quelle aree ospitano tanti artigiani, commercianti, coltivatori diretti: lavoratori autonomi che sono andati in pensione tardi e in molti casi hanno preso quella minima”.
L'Anp parla di un calo del potere d'acquisto del 33% negli ultimi 15 anni. Chiede il recupero del drenaggio fiscale, l'indicizzazione degli assegni in base al costo della vita. Descrive un quadro nerissimo per i pensionati che vivono in campagna: servizi ridotti, sanità tagliata, molti uffici postali chiusi. Una crisi nella crisi, nel contesto dei quasi 5 milioni di italiani di tutte le età in povertà "assoluta": persone che non riescono a comprare nemmeno i beni essenziali. Una sofferenza che sembra intensificarsi lontano dalle città.
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