Direttore Responsabile Leandro Abeille


 
home
sommario
noi
pubblicità
abbonamenti
mailinglist
archivio
utilità
lavora con noi
contatti
ARCHIVIO

Del seguente articolo:

Gennaio-Marzo/2014 -
Le difficoltà nelle famiglie
Povertà nel paese, il Rapporto Caritas 2014
Paola Gregory

Il nuovo Rapporto Caritas 2014 su povertà ed esclusione sociale in Italia, dal titolo "False partenze", apre una finestra sul fenomeno della povertà in casa nostra secondo l’esperienza di ascolto, osservazione e animazione svolta dalle 220 Caritas diocesane presenti sul territorio nazionale.
Allarme nei dati del Rapporto: in crescita la percentuale di coloro che si trovano in situazione di povertà: nel 2012 erano il 30,4% mentre oggi è il 66% di chi chiede aiuto e dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità.
Essi sono perlopiù italiani, divisi equamente tra uomini e donne. Cresce la povertà infantile: oltre cinque punti superiore alla media europea.
La Caritas italiana, in occasione del convegno nazionale delle Caritas diocesane, ha presentato il suo Rapporto annuale, centrato sulla povertà e l'esclusione sociale, intitolato 'False partenze'.
La grande organizzazione umanitaria ha sottolineato nel suo studio come il particolare l’innalzamento dell’età pensionabile e il mancato adeguamento di sei milioni di pensioni ai cambiamenti del costo della vita abbiano avuto un impatto negativo sulle famiglie italiane. Questo soprattutto in un periodo in cui i giovani trovano con difficoltà lavoro e sono in gran numero disoccupati (fra i sette paesi analizzati dal rapporto l’Italia ha la percentuale più alta dei Neet, i giovani cioè che non studiano né cercano lavoro, facendo quindi diventare il contributo dei pensionati ai redditi familiari ancora più importante.
Un record di crescita negativo, l’Italia lo fa registrare per la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4% (18,5 milioni), al ventunesimo posto nella classifica dei paesi peggiori per quanto riguarda questo indicatore nell’UE a 28. Fra il 2010 e il 2011, nessuno Stato membro ha registrato una crescita dei poveri alta come quella verificatasi in Italia. E fra il 2011 e il 2012, solo la Bulgaria ha fatto peggio di noi. Come se non bastasse, mentre in Italia è molto alto il rischio di trovarsi in situazione di povertà, è molto difficile poi uscirne. E una piaga particolarmente grave è quella della povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea, tanto che l’Italia è a rischio di crescita dello sfruttamento del lavoro minorile. Sono aumentate inoltre del 10%, nel nostro paese, le disuguaglianze di reddito fra il 2008 e il 2011.

Un giudizio politico economico della Caritas Europea

Nel Rapporto un capitolo è dedicato al giudizio della Caritas europea che boccia senza appello la Troika e la politica di austerità imposta da Ue, Bce e Fmi ai paesi travolti dallo Tsunami dei debiti sovrani negli ultimi cinque anni. Il secondo "Rapporto sulla crisi" messo a punto dall'organizzazione cattolica - 114 pagine di analisi sui dati finanziari ed economici dei conti dei cosiddetti Piigs (Italia compresa) - è durissimo. "La politica di austerità non funziona. Serve e presto, un’alternativa", precisa lo studio. A cinque anni dall’inizio della crisi la disoccupazione è in aumento, 124 milioni di persone (il 25% dei cittadini dei 27 Paesi membri ) vivono sulla soglia della povertà. Nello stesso tempo i tagli ai servizi sociali riducono molta gente in condizioni molto difficili "colpendo alla fine la parte più debole della società".
"A Bruxelles continuano a dirci che la crisi è finita - ha raccontato presentando lo studio Thorfinnur Omarsson, portavoce della Caritas - ma a noi risulta il contrario. E a pagare il pedaggio più salato alla recessione sono le persone che di sicuro non l'hanno causata". Come? Il rapporto non lascia dubbi: "L'accesso ai servizi sanitari universali si sta restringendo, con un impatto pesante sulla salute dei cittadini europei. E i paesi in difficoltà sono quelli dove si stanno aprendo i gap maggiori tra ricchi e poveri".
La conclusione è tranchant. La cosiddetta politica ‘lacrime e sangue’ imposta dalla Troika è "un processo iniquo, sbagliato economicamente e ingiusto". "L’opposto di quello che prevedeva la strategia di inclusione di Europa2020". "Stiamo assistendo a una situazione in cui le disuguaglianze stanno crescendo e si sta creando una classe di nuovi poveri", ha spiegato Artur Benedyktowitz, responsabile degli Affari politici sociali della Caritas Ue. Il 20% dei più ricchi d'Europa _ spiega il rapporto - guadagna cinque volte quello che entra in tasca al 20% più povero.
Cosa si deve fare ora? Trovare subito una politica alternativa, suggerisce l'organizzazione. "Nessuno dice che non servano riforme strutturali - dice la Caritas ma bisogna implementarle tenendo conto molto di più delle loro conseguenze strutturali". Le banche - continua il rapporto - "devono pagare per i loro errori. E le colpe delle loro scommesse finanziarie non vanno scaricate sui depositi dei correntisti". Se non si puniscono i colpevoli nel mondo della finanza, "si incentiva il comportamento fraudolento". La Troika ha prestato grande attenzione agli interventi fiscali - prosegue lo studio - monitorandoli un centesimo per uno, ma non ha previsto alcun indicatore della situazione sociale dei paesi sotto austerity.
I suggerimenti: inserire indicatori sociali oltre il rapporto deficit/ pil per valutare la bontà delle riforme, più trasparenza sugli interventi della Troika, più monitoraggio sociologico per le fasce più deboli e un salario minimo ai disoccupati, più fondi per combattere la disoccupazione giovanile.

La nuova forma di indigenza dovuta alle separazioni o ai divorzi

Il Rapporto Caritas 2014 ha quindi aperto una ‘pesante’ finestra sul fenomeno della povertà nel paese secondo l'esperienza di ascolto, osservazione e animazione svolta dalla 220 Caritas diocesane presenti sul territorio nazionale.
Nel Rapporto è riportata anche una sintesi dei principali risultati della prima indagine nazionale sulla condizione di vita dei genitori separati, finalizzata a far emergere soprattutto il legame tra rottura del rapporto coniugale e alcune forme di povertà o disagio socio-relazionale.
La rilevazione ha coinvolto la rete Caritas e quella dei Consultori familiari d'ispirazione cristiana. Sono state realizzate 466 interviste a genitori separati, presso centri di ascolto (36,9%), consultori familiari (33,5%), servizi di accoglienza (18,5%) e mense (8,2%). Dai dati si evidenzia un forte disagio occupazionale degli intervistati: il 46,1% è infatti in cerca di un'occupazione.
Dopo la separazione, segnala il Rapporto, aumenta il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio: centri di distribuzione beni primari (49,3%), mense (28,8%) e gli empori/magazzini solidali (12,9%). Sempre dopo la separazione si evidenzia un aumento dei disturbi psicosomatici: il 66,7% degli intervistati accusa infatti un numero più alto di sintomi rispetto al pre-separazione.
Tra i padri che riconoscono un cambiamento il 58,1% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconoscono per lo più un miglioramento).
Dopo la separazione, inoltre, diminuisce notevolmente la percentuale di coloro che vivono in abitazioni di proprietà o in affitto. Al contrario aumentano vistosamente le situazioni di precarietà abitativa: cresce il numero di persone che vivono in coabitazione con familiari ed amici (dal 4,8% al 19,0%), che ricorrono a strutture di accoglienza o dormitori (dall'1,5% al 18,3%), o vivono in alloggi impropri (dallo 0,7% all'5,2%).
La povertà nasce quindi anche dalla rottura dei rapporti coniugali. Infatti, il 66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiarano di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità. Prima della separazione erano solo il 23,7 per cento.
La separazione incide poi negativamente nel rapporto padri-figli: il 68% dei padri intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione (a fronte di un cambiamento percepito solo dal 46,3% delle donne). Le motivazioni che hanno spinto gli utenti a chiedere aiuto sono legate a bisogni di tipo materiale e immateriale: le difficoltà economiche (21,7%), il disagio abitativo (15,0%), l'impossibilità di accedere ai beni di prima necessità (cibo e vestiario) (12,1%); il bisogno di ascolto (13,1%) e l'assistenza psicologica (12,3%). Ma in quale fase del processo di separazione sono stati intercettati?
Tra i separati/divorziati che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas la gran parte è di nazionalità italiana (85,3%); in termini di genere c'è una leggera prevalenza delle donne (53,5%), rispetto agli uomini (46,5%) anche se si può parlare quasi di un'equa divisione. Il 42,9% è coinvolto in separazioni legali, il 28,1% in separazioni di fatto e il 22,8% in procedimenti di divorzio.
Per quanto riguarda l'età si tratta in particolare di persone nella fascia d'età centrale (45-54 anni) e di giovani adulti (35-44 anni). Per quanto riguarda il livello di istruzione, prevale la licenza media inferiore (34,9%) seguita dal diploma di scuola media superiore (28,6%), dalla licenza elementare (14,5%) e dall'attestato professionale (10,0%).
Dei procedimenti di divorzio quasi la totalità risulta ormai anche conclusa. Considerando i tempi di separazione, il 34,0% vive uno di questi stati da meno di un anno, il 20,0% da meno di due anni, il 20,2% da un tempo che va dai due ai cinque anni, il 25,8% da oltre 5 anni. Ma quali risultano essere le principali difficoltà intercettate? In primo luogo, segnala il rapporto Caritas, si registra un alto disagio occupazionale.
Gli occupati rappresentano meno di un terzo degli intervistati mentre coloro che sono in cerca di un'occupazione (disoccupati e inoccupati) sono quasi la metà (46,1%). La grave situazione sul fronte dell'occupazione è l'elemento che maggiormente condiziona il post separazione. Esiste un ampio filone della letteratura sociologica che approfondisce il tema delle conseguenze economiche della rottura e quella che potrebbe definirsi una costante è che gli impatti maggiormente negativi (in termini economici) si riscontrano in coloro che risultano più fragili a livello occupazionale. Fino ad oggi, evidenzia il rapporto Caritas, «a ricoprire tale situazioni di svantaggio sono state in primo luogo le donne collocate in posizioni occupazionali subalterne, a volte anche per scelta personale per quella che potremmo definire la divisione del lavoro all'interno del matrimonio».
Rispetto alle interviste realizzate non emerge un particolare svantaggio delle donne; i livelli di disoccupazione, infatti, risultano alti sia per i maschi (45,1%) che per le femmine (41,4%).

I ‘numeri’ nelle attività della Caritas

Nel corso del 2013 sono stati in attività 2.832 centri di ascolto che hanno attuato 767.144 interventi (ascolto, aiuto materiale, orientamento e consulenza, segretariato sociale, ecc.) erogati a favore di 135.301 persone o famiglie.
In questo contesto sono stati 561.525 gli interventi di aiuto materiale a favore di persone e famiglie in difficoltà erogati presso 128 diocesi italiane. Gli interventi per alloggio sono stati 27.894, 478.104 le erogazioni di beni e servizi materiali, 37.832 i sussidi economici, 17.695 gli interventi sanitari.
Sono stati inoltre 92.484 interventi di orientamento, 3583 prestiti erogati dal 2009 al 2013, nell'ambito del Prestito della Speranza (iniziativa anticrisi Cei-Abi), corrispondenti a un ammontare di oltre 22 milioni di euro. E infine 1148 progetti anti-crisi economica delle diocesi italiane, di cui 163 Fondi diocesani di solidarietà e 143 progetti di microcredito per famiglie o piccole imprese.


<<precedente sommario successivo>>
 
<< indietro
ricerca articoli
accesso utente
login

password

LOGIN>>

Se vuoi
accedere a tutti
gli articoli completi
REGISTRATI

Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!

Le parole di una vita

Cittadino Lex

gg