Cento anni fa nasceva a Catania Emilio Greco, uno dei grandi scultori iconici del Novecento. Siciliano, scomparso a Roma nel 1995, torna protagonista a Palazzo Braschi nel maestoso cortile interno e nelle sale espositive del ‘Museo di Roma’ al piano terra. In mostra disegni e sculture selezionati per offrire una campionatura dei motivi più sentiti dall’artista, legati soprattutto alle forme del corpo e alle espressioni femminili.
In occasione del centenario della nascita, Londra, Roma e Catania hanno reso omaggio al Maestro con una serie di eventi organizzati dagli ‘Archivi Emilio Greco’, presieduti dalla figlia dell’artista Antonella e sotto l’egida di un autorevole Comitato Scientifico, in collaborazione con Il Cigno GG Edizioni. Gli eventi che si sono succeduti nelle tre città sono stati il culmine delle celebrazioni. Primi appuntamenti due mostre, la prima al Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto e la seconda a Palazzo de’ Mayo a Chieti.
A Catania, il Sindaco Enzo Bianco, subito dopo il suo insediamento, ha posto fra le priorità culturali dell’Amministrazione la preparazione di alcuni eventi entro la fine dell’anno, per celebrare il Maestro nella sua città natale, fra cui l’intitolazione di una piazza del centro storico, la riapertura del Museo Emilio Greco e la collocazione di una sua opera nel Palazzo degli Elefanti.
Un’altra mostra: “Emilio Greco: Sacro e Profano”, a cura di Roberta Cremoncini e Federica Pirani è stata inaugurata alla fine del 2013 all’Estorick Collection of Modern Italian Art a Londra cinquanta opere fra sculture in bronzo e disegn, bozzetti di studio per le porte monumentali in bronzo del Duomo di Orvieto, sui quali l’artista si impegnò dal ‘59 al ‘64. Mai, prima di allora, in quelle sale erano entrate opere scultoree. La collezione storica del museo fu creata negli anni cinquanta da Eric Estorick. La selezione dei lavori esposti evidenzia il costante universo artistico di Greco, nella diversa declinazione delle tecniche utilizzate. I disegni sono sculture nell’evocazione dei volumi, la profondità del tratto, l’esplorazione dello spazio tra le forme. Le linee delle sculture richiamano le dense ombreggiature dei disegni.
Al Museo di Roma a Palazzo Braschi
Segue l’esposizione a Palazzo Braschi, con la medesima curatela, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con i Servizi Museali di Zètema, Progetto Cultura.
Nel maestoso cortile interno del palazzo settecentesco, nove sculture monumentali: sei nel cortile recentemente restaurato e riaperto al pubblico e tre nelle salette interne, più una selezione di circa trenta disegni. Un’ampia e approfondita visita per le diverse discipline artistiche e culturali esplorate da Emilio Greco: bronzi, terrecotte, cemento. Nella rassegna, la raffinata ricercatezza di un maestro nell’armonia, simbolo di classicità, dove la semplicità diviene rigore. Una vera Scuola, dove l’espressività non è mai a gran voce ma semplicemente sussurrata, per offrirsi sottilmente al fruitore con tutta la sua forza di coinvolgimento.
Palazzo Braschi, situato nel cuore rinascimentale di Roma, tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II, venne progettato dall'architetto imolese Cosimo Morelli (1732-1812) per incarico di Papa Pio VI (1775 - 1799) che volle farne dono al nipote Luigi Braschi Onesti. Alla realizzazione dell’edificio si fece fronte con le ricchezze che il Pontefice fece affluire nelle casse del nipote Luigi, grazie all'attribuzione spregiudicata di numerosi beni.
Nel cortile del palazzo settecentesco si levano nello spazio - soprattutto nel fascino di una accurata illuminazione notturna - le figure femminili di Greco, soggetto monotematico della mostra, opere in bronzo che ricordano la grande figurazione dei maestri del novecento. Quasi un richiamo alle ‘Pomone’ di Marino Marini (senza la loro originaria monumentalità), ma accentuate da riflessi di luce che modellano la discreta sensualità dei nudi. Semplicità nelle linee e nella concezione dell’arte del Maestro, la forza della sua Scuola accademica, la precisione e l’abilità di raffinato disegnatore e, allo stesso tempo, la rarità del poter ammirare con un semplice sguardo figure così vicine a noi nel tempo, seppur distanti dalla classicità.
In contemporanea all’inaugurazione della mostra di Palazzo Braschi i Musei di San Salvatore in Lauro hanno esposto una selezione delle incisioni più significative del Maestro catanese.
Greco è stato un artista che non si è contrapposto alla tradizione, nessuna voglia di rivolta ma, nonostante ciò, nelle sue opere si intravvedono segni di rottura. C’è una tensione al bello, alla purezza delle proporzioni, alla delicatezza dei tratti e delle movenze di quelle figure dolci e flessuose che la modernità troppo spesso dimentica e rifiuta.
Nella modellazione, il ‘classico’, secondo la definizione dell’epistemologo tedesco Hans-Georg Gadamer in “Verità e metodo”, trova la sua massima espressione. Per l’armonia intrinseca che possiede, diventa un valore a prescindere dal contesto e dalle mode. In alcune opere in terracotta si possono intravvedere lo studio e l’influenza di una certa arte legata a quella négritude che ha ispirato artisti europei tra fine Ottocento e Novecento, come fu per il rumeno Constantin Brancusi o lo stesso Amedeo Modigliani.
I disegni, forse ancor più della scultura, permettono di apprezzare il lavoro di Greco, perché svelano l’abilità che si manifesta con la sintesi delle linee che non perdono nulla nell’espressività e il retinato che, infittendosi, dona profondità, movimento e rotondità alle forme.
Quale è la posizione artistica di Emilio Greco nel suo contemporaneo?
Ne parla la figlia Antonella. “Non è uno scultore contemporaneo, ma è uno scultore moderno; quindi uno sculture con l’ideale della forma, della bellezza, un po’ come gli altri scultori del suo tempo. È uno scultore che bisogna storicizzare e reimmettere nel suo contesto, che era quello degli anni ’50-’70. È stato un bravissimo disegnatore, un artigiano favoloso e, oltre a ciò, anche l’autore di grandi racconti, come è stato per Le porte del Duomo di Orvieto.”
Anche le pubblicazioni internazionali e i testi dedicati al lavoro del Maestro catanese campeggiano nelle teche insieme ad alcune immagini che lo vedono impegnato nel disegnare il velario per uno spettacolo, Il Matrimonio segreto, che è andato in scena al Teatro dell’Opera di Roma.
Un ringraziamento particolare di Antonella Greco è andato a Patrizia Bracci di Zètema Progetto Cultura.
Federica Pirani nell’introduzione al catalogo
"Il dinamismo interno delle forme, il movimento dei corpi sono al centro della ricerca negli schizzi o studi preparatori per le sculture come nei lavori autonomi che affiancano e completano l’opera plastica. A volte un filo continuo di matita o di inchiostro racchiude con un unico tratto la figura con una semplificazione formale che ricorda le pitture vascolari o le stampe giapponesi. In altri casi, linee sottili dall’andamento ellittico creano le forme del corpo muliebre e si accendono in chiaroscuri improvvisi, quasi a significare la prevalenza della percezione dinamica cui fa seguito l’emergere del volume".
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Emilio Greco 1913-95
Nasce a Catania l’11 ottobre 1913. Negli anni Trenta, dopo un apprendistato artigianale, inizia a dedicarsi alla scultura e si diploma nel 1934 all’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Nel 1943 è presente alla IV Quadriennale d’arte nel Palazzo delle Esposizioni con due terrecotte: una di queste, L’Omino (1939), appartiene oggi alla collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Nella prima collettiva espone accanto a Guttuso, Mafai, Pirandello, Omiccioli, Consagra (1945). Condivide il suo laboratorio studio, tra quelli dell’Accademia Germanica di Villa Massimo, con Leoncillo, lo stesso Guttuso e Mazzacurati. Nel 1948, alla Tate Gallery a Londra, espone Il Lottatore e nello stesso anno vince il Premio Saint-Vincent per la scultura. Un anno dopo è invitato a partecipare all Museum of Modern Art di New York, nel 1950 partecipa alla XXIV Biennale di Venezia e nel 1951 è alla Quadriennale dove espone otto sculture e altrettanti disegni. Risale a quell’epoca l’incontro con Leonardo Sciascia, cui resterà legato per tutta la vita.
Vince nel 1952 il “Premio Parlamento” alla IV Quadriennale, realizza nel 1956 il Monumento a Pinocchio per la città di Collodi, nel 1964 le Porte del Duomo di Orvieto e, poco dopo, il Monumento in San Pietro per Giovanni XXIII che viene inaugurato da Paolo VI nel 1967. Vince il Gran Premio della Scultura alla XXVIII Biennale di Venezia con la Bagnante n.1 nel 1956.
Nel 1958 ha una personale al Museo di Palazzo Barberini a Roma. Espone quindi in Giappone, Grecia, Slovacchia, Unione Sovietica, Monaco e Italia.
Le città di Orvieto, Sabaudia, Catania e L’Aquila, a partire dal 1991, dedicano Musei interamente alla sua opera. Titolare della cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti di Napoli e Roma, Greco ha insegnato anche a Monaco di Baviera e alla Scuola Belvedere di Oskar Kokoshka a Salisburgo.
Sue opere figurano nei principali musei al mondo, tra cui l’Ermitage di San Pietroburgo e il Pushkin di Mosca. Ha ricevuto la Medaglia d’Oro dal Presidente della Repubblica per i Benemeriti della Cultura. Il Museo all’aria aperta di Hakone in Giappone gli ha dedicato una zona permanente chiamata “Greco Garden”
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