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Del seguente articolo:

Aprile-Settembre/2014 -
La Chiesa per i suoi valori più sacri
Papa Francesco a Sant Egidio: l’Europa è stanca e deve recuperare le sue radici
Paola Gregory

Una dura condanna del Papa contro l’economia mondiale
che non ha al centro l’uomo e la donna, ma predilige
“l’idolo denaro”. Nel corso di una visita alla Comunità di Sant'Egidio
a Trastevere Papa Francesco ha dato una sferzata all’Europa,
denunciandone la stanchezza e l’imperante cultura dello scarto
che colpisce soprattutto anziani, bambini - invocando
ipotetiche ragioni economiche - e la richiama alle sue radici


Papa Francesco va dove il dolore lo chiama e dove le piaghe dell’umanità sono scoperte. Dal nostro profondo sud (recentemente in Calabria a Cassano allo Jonio, passando dal cuore di Roma, il suo progetto di carità si spinge fino ai Balcani (in Albania) o anche verso l’Est asiatico (verso la Corea e, probabile, è pure lo Sri Lanka).
La visita di Papa Francesco alla Comunità di Sant'Egidio è stato un incontro dedicato essenzialmente ai poveri che sono al centro del Vangelo di Gesù e che costituiscono un fondamentale impegno per la Comunità, vissuto come amicizia e come servizio.
Nel corso della visita alla Comunità a Trastevere, il Papa ha dato una sferzata all’Europa, denunciandone la stanchezza e l’imperante cultura dello scarto, colpisce anziani e bambini - per ipotetiche ragioni economiche - e la richiama alle sue radici. Fuori e dentro il Vaticano, nelle udienze, negli incontri civili e religiosi, nei convegni culturali, al carcere Regina Coeli, difende i poveri contro lo strapotere del denaro, condanna i corrotti e il traffico degli esseri umani, chiede solidarietà e un diverso, un più giusto, regime sociale. Senza stanchezza o cedimenti batte il cammino ecumenico, soprattutto ora in direzione degli Anglicani, dopo gli intensi incontri con Bartolomeo di Costantinopoli. Conversando anche nella lingua inglese, non si stanca di lanciare sempre il trinomio delle "Tre P“, Preghiera, Povertà, Pace”.
Nell'antica basilica di Santa Maria in Trastevere gli si presenta così com’è “luogo di preghiera quotidiana per tanti romani e pellegrini”.
Ma subito avverte: “pregare nel centro della città non vuol dire dimenticare le periferie umane e urbane. Significa ascoltare e accogliere qui il Vangelo dell’amore per andare incontro ai fratelli e alle sorelle nelle periferie della città e del mondo. Ogni chiesa, ogni comunità è chiamata a questo nella vita convulsa e a volte confusa della città”.
È periferia anche qui e Sant’Egidio, la Comunità che la anima, apre le braccia ai poveri, ai rifugiati, agli homeless, ai migranti, agli anziani, ai nomadi. A nessuno viene negato un posto-letto, una coperta, un piatto caldo. Sono qui tutti riuniti ad accoglierlo in un caldo pomeriggio domenicale, insieme ai fedeli, intere famiglie, padri e madri, nonni e bambini, malati, giovani che non si stancano di scandire a gran voce “Francesco, Francesco”. Nel tratto di strada che percorre a piedi, senza ombrello, malgrado il prologo di quello che diverrà in serata un disastroso nubifragio sulla Capitale, stringe mani, accarezza i bimbi, abbraccia i malati. Gli viene offerto il ‘mate’, la tipica bevanda argentina, che assaggia e ringrazia. Con serenità , rispondendo a una domanda, sussura che lo trova “così così”. Accando a lui, stretti in un simbolico abbraccio fraterno, uomini e donne di ogni etnia, in cerca di pace, lavoro, casa.
Non mancano però anche personaggi di riguardo: i cardinali Etchegaray, Poupard, il Vicario Vallini, lo storico Emile Pulat, l’arcivescovo ortodosso di Damasco Jean Kavak che estrinseca al Papa il dolore del popolo siriano, “prigioniero del male”. Il portavoce della Comunità ebraica, Riccardo Pacifici, gli porge l’invito scritto a visitare la Sinagoga, il Tempio Maggiore. Un invito accolto, sulle orme dei predecessori. Una presenza che suscita interesse è quella di Eugenio Scalfari, il novantenne padre del quotidiano “La Repubblica”, già ricevuto in Vaticano più di una volta che forse vuole ottenere altri colloqui o carpire spunti per un libro. Guida tutti Andrea Riccardi, il patròn di Sant’Egidio. Tutti pregano e Francesco alla fine chiede “straordinari” di preghiera per il suo lavoro, per la pace, per i poveri. La preghiera – dice nel suo discorso - “preserva da tentazioni”: “il protagonismo per cui tutto gira attorno a sé, l’indifferenza, il vittimismo”. Elogia la Comunità nella quale “si confonde chi aiuta e chi è aiutato”, così che “il protagonista diventa l’abbraccio”. Esalta la funzione degli anziani. “Quando sono scartati, isolati e si spengono senza affetto, è brutto segno”. Ammonisce: “un popolo che non custodisce i suoi anziani, che non si prende cura dei suoi giovani, è un popolo senza futuro, un popolo senza speranza. Perché i giovani e gli anziani portano avanti la storia. I bambini, i giovani con la loro forza biologica, gli anziani, con la memoria. Ma quando una società perde la memoria, è finita, è finita”, constata con amarezza il Papa che ancora una volta calca la mano contro questa assurda cultura e condanna l’economia mondiale che non ha al centro l’uomo e la donna, ma “l’idolo denaro”.
Si scartano i “bambini, in Italia, Spagna, Francia. E si scartano gli anziani”. E’ questa una “eutanasia nascosta, una forma di eutanasia. Non servono, e quello che non serve si scarta. Quello che non produce si scarta. E oggi la crisi è tanto grande che si scartano i giovani: quando pensiamo a questi 75 milioni di giovani dai 25 anni in giù, che sono “né-né”: né lavoro, né studio. Sono senza. Succede oggi, in questa Europa stanca. In questa Europa che si è stancata; non è invecchiata, no, è stanca. Non sa cosa fare”. Non bisogna rassegnarsi. “Dobbiamo aiutarla a ringiovanire, a trovare le sue radici. E’ vero: ha rinnegato le sue radici. E’ vero. Ma dobbiamo aiutarla a ritrovarle. Dai poveri e dagli anziani si inizia a cambiare la società. Oggi purtroppo un’economia speculativa li rende sempre più poveri, privandoli dell’essenziale, come la casa e il lavoro. E’ inaccettabile! Chi vive la solidarietà non lo accetta e agisce. E questa parola “solidarietà” tanti vogliono toglierla dal dizionario, perché a una certa cultura sembra una parolaccia. No! E’ una parola cristiana, la solidarietà”.
Francesco si rivolge a quanti partecipano alla comunità in altri Paesi del mondo, soprattutto dove si soffre per la guerra. “Lavorare per la pace – dice - non dà risultati rapidi, ma è un’opera da artigiani pazienti, come diceva san Giovanni XXIII”. Però, “occorre più preghiera e più dialogo. Il mondo soffoca senza dialogo”, che deve avvenire senza rinunciare alla propria identità. In conclusione Papa Francesco affida alla Comunità un messaggio da continuare a diffondere nel mondo. E’ il messaggio delle tre “P”: preghiera, poveri e pace.
Lo stesso messaggio che scambia, a poche ore di distanza, col primate anglicano Justin Welby che la sera prima ha celebrato i Vespri nella Chiesa di San Gregorio al Celio. Don’t forget the three “p”: Prayer, peace and poverty. Non bisogna dimenticarle le tre “p”. Le tre “p”? Sì, preghiera, pacem povertà. Santità, , mi benedica, chiede l’arcivescovo di Canterbury. Sì, e lei benedica me. La collaborazione tra cattolici e anglicani – ricorda Francesco - ha portato a esprimere “lo stesso orrore di fronte alla piaga del traffico di esseri umani e alle diverse forme di schiavitù moderna”. Bisogna perseverare e difenderne le vittime. Quanto alla “piena unità” delle chiese cristiane “può sembrare un obiettivo lontano, ma rimane pur sempre la meta verso cui dobbiamo orientare ogni passo del cammino ecumenico che stiamo percorrendo insieme”, anche se "non possiamo fingere che la nostra divisione non sia uno scandalo, un ostacolo all'annuncio del Vangelo della salvezza al mondo". Echi ecumenici, ma anche prolungamento dei temi sociali dopo l’incontro in Trastevere. "Non possiamo tollerare più a lungo che i mercati finanziari governino le sorti dei popoli piuttosto che servirne i bisogni, o che pochi prosperino ricorrendo alla speculazione finanziaria mentre molti ne subiscono pesantemente le conseguenze", ha detto ai convegnisti di Giustizia e pace. Netta anche la condanna dei corrotti: "corrotti economici, corrotti politici o corrotti ecclesiastici", li pagano i poveri, ha detto nella messa a Santa Marta. In questo tempo di difficoltà vanno incoraggiate le opere di misericordia. In concreto e non a parole. Lo sottolinea nell’udienza alle Misericordie. “Abbiamo a disposizione tante informazioni e statistiche sulle povertà e sulle tribolazioni umane. C’è il rischio di essere spettatori informatissimi e disincarnati di queste realtà, oppure di fare dei bei discorsi che si concludono con soluzioni verbali e un disimpegno rispetto ai problemi reali. Troppe parole, troppe parole, troppe parole, ma non si fa niente! Questo è un rischio. Quando io sento alcune conversazioni tra persone che conoscono le statistiche: “Che barbarie, Padre! Che barbarie!” “Ma cosa fai tu per questa barbarie?” “Niente, E questo non risolve niente! Di parole ne abbiamo sentite tante! Quello che serve è l’operare, l’operato vostro, la testimonianza la testimonianza cristiana, serve andare dai sofferenti.”
Si entra nel cuore dell’estate e, come già lo scorso anno, Papa Francesco non farà vacanze specifiche. Per la Festa dell’Assunta dovrebbe andare in Corea, al Sud di quel Paese, naturalmente, con la speranza di potersi magari affacciare anche al Nord e forse con la segreta speranza di scambiare messaggi con la Cina, con la quale si avvertono segnali di disgelo anche in ordine alla nomina dei Vescovi. Con luglio (cinque mercoledì) non ci saranno le Udienze generali, che riprenderanno in agosto (tre mercoledì). L’Angelus ci sarà. Sospesa invece per i fedeli la Messa a Santa Marta fino a settembre. Il 21 di questo mese sarà a Tirana, invitato dai vescovi e dalle autorità dell'Albania. Nell’annunciare questa visita, Francesco ha detto di voler "confermare nella fede la Chiesa in Albania e testimoniare il mio incoraggiamento e amore a un Paese che ha sofferto a lungo in conseguenza delle ideologie del passato". Per l’oggi lo preoccupano gli avvenimenti in Iraq. Ha chiesto preghiere “per la cara nazione irachena, soprattutto per le vittime e per chi soffre maggiormente le conseguenze dell’accrescersi della violenza, in particolare per le molte persone, tra cui tanti cristiani, che hanno dovuto lasciare la propria casa. Auspico per tutta la popolazione la sicurezza e la pace ed un futuro di riconciliazione e di giustizia dove tutti gli iracheni, qualunque sia la loro appartenenza religiosa, possano costruire insieme la loro patria, facendone un modello di convivenza”. Un pensiero speciale, tra quelli di mezzogiorno, anche alle i alle collaboratrici domestiche e badanti, che “svolgono un servizio prezioso nelle famiglie, specialmente a sostegno degli anziani e delle persone non autosufficienti. Tante volte noi non valorizziamo con giustizia il grande e bel lavoro che loro fanno nelle famiglie”.


Papa Francesco va dove il dolore lo chiama e dove le piaghe dell’umanità sono scoperte. Dal nostro profondo sud (recentemente in Calabria a Cassano allo Jonio, passando dal cuore di Roma, il suo progetto di carità si spinge fino ai Balcani (in Albania) o anche verso l’Est asiatico (verso la Corea e, probabile, è pure lo Sri Lanka).
La visita di Papa Francesco alla Comunità di Sant'Egidio è stato un incontro dedicato essenzialmente ai poveri che sono al centro del Vangelo di Gesù e che costituiscono un fondamentale impegno per la Comunità, vissuto come amicizia e come servizio.
Nel corso della visita alla Comunità a Trastevere, il Papa ha dato una sferzata all’Europa, denunciandone la stanchezza e l’imperante cultura dello scarto, colpisce anziani e bambini - per ipotetiche ragioni economiche - e la richiama alle sue radici. Fuori e dentro il Vaticano, nelle udienze, negli incontri civili e religiosi, nei convegni culturali, al carcere Regina Coeli, difende i poveri contro lo strapotere del denaro, condanna i corrotti e il traffico degli esseri umani, chiede solidarietà e un diverso, un più giusto, regime sociale. Senza stanchezza o cedimenti batte il cammino ecumenico, soprattutto ora in direzione degli Anglicani, dopo gli intensi incontri con Bartolomeo di Costantinopoli. Conversando anche nella lingua inglese, non si stanca di lanciare sempre il trinomio delle "Tre P“, Preghiera, Povertà, Pace”.
Nell'antica basilica di Santa Maria in Trastevere gli si presenta così com’è “luogo di preghiera quotidiana per tanti romani e pellegrini”.
Ma subito avverte: “pregare nel centro della città non vuol dire dimenticare le periferie umane e urbane. Significa ascoltare e accogliere qui il Vangelo dell’amore per andare incontro ai fratelli e alle sorelle nelle periferie della città e del mondo. Ogni chiesa, ogni comunità è chiamata a questo nella vita convulsa e a volte confusa della città”.
È periferia anche qui e Sant’Egidio, la Comunità che la anima, apre le braccia ai poveri, ai rifugiati, agli homeless, ai migranti, agli anziani, ai nomadi. A nessuno viene negato un posto-letto, una coperta, un piatto caldo. Sono qui tutti riuniti ad accoglierlo in un caldo pomeriggio domenicale, insieme ai fedeli, intere famiglie, padri e madri, nonni e bambini, malati, giovani che non si stancano di scandire a gran voce “Francesco, Francesco”. Nel tratto di strada che percorre a piedi, senza ombrello, malgrado il prologo di quello che diverrà in serata un disastroso nubifragio sulla Capitale, stringe mani, accarezza i bimbi, abbraccia i malati. Gli viene offerto il ‘mate’, la tipica bevanda argentina, che assaggia e ringrazia. Con serenità , rispondendo a una domanda, sussura che lo trova “così così”. Accando a lui, stretti in un simbolico abbraccio fraterno, uomini e donne di ogni etnia, in cerca di pace, lavoro, casa.
Non mancano però anche personaggi di riguardo: i cardinali Etchegaray, Poupard, il Vicario Vallini, lo storico Emile Pulat, l’arcivescovo ortodosso di Damasco Jean Kavak che estrinseca al Papa il dolore del popolo siriano, “prigioniero del male”. Il portavoce della Comunità ebraica, Riccardo Pacifici, gli porge un invito scritto a visitare la Sinagoga, il Tempio Maggiore. Un invito accolto, sulle orme dei predecessori. Una presenza che suscita interesse è quella di Eugenio Scalfari, il novantenne padre del quotidiano “La Repubblica”, già ricevuto in Vaticano più di una volta che forse vuole ottenere altri colloqui o carpire spunti per un libro. Guida tutti Andrea Riccardi, il patron di Sant’Egidio. Tutti pregano e Francesco alla fine chiede “straordinari” di preghiera per il suo lavoro, per la pace, per i poveri. La preghiera – dice nel suo discorso - “preserva da tentazioni”: “il protagonismo per cui tutto gira attorno a sé, l’indifferenza, il vittimismo”. Elogia la Comunità nella quale “si confonde chi aiuta e chi è aiutato”, così che “il protagonista diventa l’abbraccio”. Esalta la funzione degli anziani. “Quando sono scartati, isolati e si spengono senza affetto, è brutto segno”. Ammonisce: “un popolo che non custodisce i suoi anziani, che non si prende cura dei suoi giovani, è un popolo senza futuro, un popolo senza speranza. Perché i giovani e gli anziani portano avanti la storia. I bambini, i giovani con la loro forza biologica, gli anziani, con la memoria. Ma quando una società perde la memoria, è finita, è finita”, constata con amarezza il Papa che ancora una volta calca la mano contro questa assurda cultura e condanna l’economia mondiale che non ha al centro l’uomo e la donna, ma “l’idolo denaro”.
Si scartano i “bambini, in Italia, Spagna, Francia. E si scartano gli anziani”. E’ questa una “eutanasia nascosta, una forma di eutanasia. Non servono, e quello che non serve si scarta. Quello che non produce si scarta. E oggi la crisi è tanto grande che si scartano i giovani: quando pensiamo a questi 75 milioni di giovani dai 25 anni in giù, che sono “né-né”: né lavoro, né studio. Sono senza. Succede oggi, in questa Europa stanca. In questa Europa che si è stancata; non è invecchiata, no, è stanca. Non sa cosa fare”.


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