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Del seguente articolo:

Aprile-Settembre/2014 -
La strada non cambia e miete sempre le sue vittime
Città davvero ‘smart’? Solo se saranno a misura di anziani
Riccardo Romeo Jasinski

Oggi, a morire sulle strade, sempre più spesso sono gli anziani Nel 2040 ci saranno 20 milioni di over 65 e, senza adeguati interventi, il numero delle vittime di incidenti stradali aumenterà, soprattutto nelle città che nei centri urbani
L’Italia è uno dei Paesi nei quali il numero degli incidenti sulla strada e soprattutto il numero delle vittime – morti e feriti – è tra i più elevati in Europa. E questo nonostante i positivi risultati ottenuti negli ultimi anni che hanno visto diminuire incidentalità e mortalità. Tuttavia, il prezzo pagato al traffico, in termini prima di tutto umani e poi sociali ed economici, è ancora enorme e comunque inaccettabile per un Paese civile.
È stato presentato a Roma uno studio della Fondazione Unipolis dal quale si evince che negli ultimi dodici anni i morti sulla strade si sono praticamente dimezzati: dai 7.096 del 2001 le persone he hanno perso la vita sono state 3.653 nel 2012 (ultimi dati ufficiali disponibili). Ma il rischio è che questo trend virtuoso si interrompa e, anzi, cambi di segno. Paradossalmente, potrebbe essere proprio l’aumento della longevità degli italiani a determinare questo mutamento di scenario.
Il punto di partenza è l’aumento della popolazione con più di 65 anni da qui al 2040: quasi 20 milioni di persone, rispetto ai 12 milioni e mezzo del 2012, con un incremento di ben il 57%. Gli ultraottantenni saliranno così da 3,7 a 6,5 milioni (più 74%). Proprio questo dato così positivo determinerà però una crescita del numero dei morti sulle strade. Già oggi, infatti, (dati del 2012), sulle strade italiane muoiono 83 persone per milione tra gli over 65 (che salgono a 106 per gli ultraottantenni), contro i 55 per milione tra gli under 64 e una media di 61 vittime per milione sull’intera popolazione. Proiettando questi dati al 2040 si avrà un incremento del numero dei morti per sinistri stradali di quasi il 12%, cioè, in totale, 4.086, con un incremento di 433 unità sul 2012.
Questo, naturalmente, se non verranno realizzate politiche adeguate di prevenzione e tutela, soprattutto nei centri urbani e nelle grandi città, dove si concentra la maggior parte - i tre quarti del totale - degli incidenti e il più elevato incremento di vittime, soprattutto pedoni (e ciclisti). Anziani in particolare. Insomma, mentre si assiste a un significativo decremento delle cosiddette “stragi del sabato sera” nelle quali perdono la vita giovani e giovanissimi, una nuova emergenza si profila sulle strade: quella degli anziani.
Ma sarà mai possibile invertire questa tendenza, e sarà possibile inoltre perseguire l’obiettivi del dimezzamento del numero dei morti sulle strade al 2020, così come indicato dall’unione Europea? E’ possibile evitare che dopo i giovani siano gli anziani a pagare il prezzo dell’insicurezza stradale?
Saranno necessarie politiche e azioni mirate a ottenere un maggior rispetto delle regole della circolazione, ma soprattutto a promuovere interventi nelle città volti a ridurre la congestione del traffico motorizzato e a favorire forme più avanzate di mobilità sostenibile. Si inizierà dal potenziamento del trasporto pubblico e seguirà l’estensione delle aree pedonali, non solo nei centri storici, ma anche in periferia; seguiranno gli ampliamenti della rete delle piste ciclabili, in sede protetta, per favorire i trasferimenti di breve raggio entro i 5/10 chilometri, nonché l’incremento delle strade con più bassi limiti di velocità, le cosiddette “zone 30”. Si tratta di interventi che possono davvero contribuire a ridurre gli incidenti e le conseguenze più nefaste, tutelando in particolare gli utenti più vulnerabili. Gli anziani, appunto, ma anche donne e bambini.
Scelte, queste, che possono anche ridurre gli indici dell’inquinamento e garantire una qualità della vita migliore e più salubre ai cittadini e alle comunità. Particolare importanza, inoltre, sarà necessaria una legislazione che ponga al centro la tutela delle persone più deboli, come gli anziani, ma anche i bambini e le donne. Una risposta in tal senso dovrebbe venire dalla riscrittura del Codice della Strada, attualmente all’esame della Camera dei deputati, come ha sottolineato l’on Paolo Gandolfi, relatore del disegno di legge delega al governo per la riforma del Codice, intervenuto, insieme a Walter Dondi, direttore della Fondazione Unipolis, e a Giordano Biserni, presidente di Asaps – Associazione amici e sostenitori della Polizia Stradale, che hanno presenziato alla presentazione dello studio per il rinnovato sito www.sicurstrada.it .
Sicurstrada è il progetto dedicato alla sicurezza stradale e alla mobilità sostenibile e costituisce la sezione tematica specifica all’interno del sito di Citytech, rappresentato da Barbara Covili, amministratore unica di ClickUtility, organizzatore della manifestazione romana, che ha ospitato numerosi incontri e dibattiti dedicati al futuro della mobilità urbana e che hanno visto protagonisti, tra gli altri, gli assessori al traffico delle principali città metropolitane.
Nell’Italia che invecchia, i centri urbani devono garantire sicurezza e qualità della vita, puntare su forme avanzate di mobilità sostenibile: trasporto pubblico, aree pedonali, piste ciclabili, “zone 30” . Insieme alla cultura delle regole e del senso civico, è quindi necessario promuovere una nuova cultura urbana che metta al centro le persone, soprattutto quelle più deboli e vulnerabili.
L’Italia è uno dei paesi con la vita media più lunga dei suoi abitanti. Sulla base delle statistiche, secondo è solo il Giappone. È questo un dato certamente positivo, anche perché, sulla base di stime attendibili, è destinato crescere e a consolidarsi nei prossimi anni e decenni.
I trend demografici ci consegnano, da qui al 2040, un Paese molto più longevo, nel quale aumenteranno notevolmente le classi di età più anziane. Quasi un terzo della popolazione avrà più di 65 anni, e oltre il 10% sarà ultraottantenne. Peraltro, proseguendo l’attuale – basso – indice di natalità, si assottiglierà la quota dei più giovani. Per esempio, nel 2040, avremo un calo di oltre il 6% degli under 65.
Anche senza affrontare – ma non è questo lo scopo della ricerca – le problematiche che attengono agli effetti che un simile cambiamento demografico determina sul sistema del Welfare e in particolare su sanità e previdenza, si possono già oggi stimare gli impatti negativi, o comunque problematici, su una serie di aspetti della vita sociale.

La sicurezza stradale

È ora il caso di passare al tema della sicurezza stradale. Nel corso degli ultimi dodici anni dal 2001 al 2012 – certificano Aci e Istat – sono calati incidenti e feriti; sono quasi dimezzati i morti sulle strade: da 7.096 a 3.653 (meno 48,5%). In Europa c’è chi ha fatto meglio e anche molto meglio, e il risultato è senza dubbio positivo. L’Unione Europea aveva fissato un altro traguardo: ridurre entro il 2012 di un’altra metà il numero delle vittime. Ambizioso, ma raggiungibile. Anzi, necessario. Un indispensabile obiettivo di civiltà e progresso sociale e civile, per tendere poi a “zero morti sulle strade”. Il che vorrebbe dire che, finalmente, si sarà smesso di considerare la sicurezza sulle strade come una sorta di “splendida utopia”. Viene da fare un accostamento con il tema, anch’esso drammatico, degli infortuni e dei morti sui luoghi di lavoro. Così come appare inaccettabile che si debba morire lavorando, dovrebbe essere considerato altrettanto inconcepibile perdere la vita su una strada.
Dunque, maggiore sicurezza stradale, meno morti e feriti sono obiettivi possibili, a portata di mano. Purché si adottino comportamenti e politiche coerenti. Altrimenti resteranno sulla carta.
Ripartiamo perciò dai dati del 2012, gli ultimi ufficialmente disponibili. Il calo significativo del numero dei morti negli anni scorsi è dovuto ad una riduzione molto più elevata, pari a oltre il 55%, nelle fasce di età più giovani (fino a 64 anni), rispetto a quelle più anziane (oltre 65 anni), che è stata solo del 17%. Anche in termini assoluti la differenza è assai significativa: i morti per milione di abitanti sono 55 per gli under 64, mentre per gli over 65 si sale a 83 e addirittura a 106 per gli ultraottantenni.
Questo significa che, per il solo effetto dell’invecchiamento della popolazione, nel 2040 non solo non si avrà una riduzione del numero dei morti sulle strade paragonabile a quella registrata dal 2001 al 2012, ma addirittura un incremento di quasi il 12%. Infatti, senza interventi significativi, capaci di invertire il trend, la quota di morti per milione di abitanti salirà da 61 a 64! In termini assoluti, dai 3.653 morti del 2012, agli oltre quattromila (4.086 per la precisione) del 2040. Il paradosso sta qui: un indice positivo, l’allungamento della vita media, si può trasformare nella causa di incremento delle vittime sulle strade.
Non si tratta solo di un esercizio statistico. Da un lato, infatti, i trend demografici sono ormai consolidati e scientificamente attendibili. Ma, soprattutto, questo calcolo si basa su un andamento già oggi molto chiaro e significativo. Muoiono meno giovani sulle stradale, fin quasi a considerare le cosiddette “stragi del sabato sera” se non proprio un ricordo, certamente un fattore meno rilevante rispetto al passato. Non accade altrettanto per gli anziani. Anzi, è vero il contrario. Nelle città e soprattutto per i pedoni maschi, c’è addirittura un aumento della mortalità tra le fasce di età più elevate.
Da qui l’allarme contenuto nello studio realizzato da Fondazione Unipolis nell’ambito del proprio progetto Sicustrada. Che ci permettiamo di segnalare in particolare a coloro che hanno ruoli e responsabilità nella definizione delle politiche della mobilità e della sicurezza sulle strade. A partire da quelle che riguardano le aree urbane. Infatti, se in questi anni i risultati più significativi nella riduzione delle vittime da incidenti stradali sono stati ottenuti su autostrade e nella viabilità a lunga percorrenza – grazie a maggiori controlli e agli strumenti più avanzati adottati - è nelle città che persistono, e per taluni aspetti si sono aggravati, i problemi di sicurezza. E’ nelle aree urbane che si verificano i tre quarti degli incidenti, si registra il 72% dei feriti e oltre il 42% dei morti. Proprio qui, a essere colpiti sono soprattutto le persone più vulnerabili: anziani, pedoni, ciclisti, donne e bambini.
Le città sono oggi le più congestionate da un traffico che determina conseguenze assai negative quanto a inquinamento e, quindi, a salute delle persone; produce grande insicurezza e, come si può vedere dai dati, un grande numero di vittime, morti e feriti. Senza sottovalutare i problemi ancora persistenti nella viabilità extraurbana (soprattutto in alcune strade statali in varie zone del Paese), il cuore dell’insicurezza stradale si trova oggi nelle città. In quelle maggiori (Roma e Milano su tutte, come mostrano i dati riportati in infografica), ma anche in quelle medie e nei centri urbani minori.
La questione cruciale si sposta dunque sulle politiche della mobilità. Certo, continua ad essere assai rilevante il tema dei comportamenti delle persone: il rispetto delle regole, il senso civico e una cultura della responsabilità individuali sono, e restano, fattori essenziali per la sicurezza sulle strade. Se ancora oggi il trenta per cento dei pedoni morti viene falciato sulle strisce pedonali, se la distrazione dei conducenti è all’origine di una buona percentuale di incidenti, non c’è dubbio che sono però indispensabili interventi strutturali nelle città. La mobilità nei centri urbani va ripensata mettendo al centro le persone, soprattutto quelle più deboli e vulnerabili. Gli anziani in primo luogo. Il prezzo umano che nel nostro Paese si paga a causa degli incidenti stradali è davvero troppo alto e inaccettabile.
Sono necessarie nuove norme e c’è da augurarsi che la riforma del Codice della Strada di cui si sta discutendo in Parlamento offra un contributo a regolare più efficacemente il traffico e la mobilità, scoraggiando e sanziona mento adeguatamente i comportamenti negativi, ma stimolando e incentivando quelli più attenti alle persone, in particolare a quelle più deboli, favorendo le nuove forme di mobilità responsabile. La mobilità urbana deve infatti diventare sinonimo di sostenibilità. Dal punto di vista ambientale: minore congestione da traffico di autoveicoli significa meno inquinamento, più salute; dal punto di vista sociale: meno vittime, morti e feriti vogliono dire città più vivibili, migliore qualità della vita delle persone e delle comunità. Ma tutto questo si traduce anche in una maggiore sostenibilità economica: i costi degli incidenti stradali equivalgono ogni anno a oltre 30 miliardi di euro, più del 2% del Pil.
Naturalmente, per rendere sostenibili le città servono investimenti, prima di tutto in piani del traffico e della mobilità che privilegino il trasporto pubblico e condiviso. Occorre puntare sull’estensione delle aree pedonali, in centro, ma anche nelle piazze dei quartieri periferici, che non possono essere fungere solo da parcheggio o grandi spartitraffico; bisogna aumentare le strade con più bassi limiti di velocità, cioè le “zone 30”. Sono necessarie più piste ciclabili – in sede protetta - connesse in una rete che permetta e agevoli spostamenti sicuri tra zone residenziali e centri storici, tra residenza e zone produttive, in modo da stimolarne l’uso, soprattutto per i trasferimenti inferiori ai 5-10 chilometri, in maggioranza ancora appannaggio delle auto e dei mezzi motorizzati.
Si tratta di scelte che sole possono garantire una transizione verso città moderne, non perché sono attraversate da tante auto di ultima generazione, magari più veloci, ma perché sono pensate, progettate e realizzate in funzione di coloro che vi abitano, delle persone. E soprattutto di quelle più deboli e vulnerabili. Nel Paese, e quindi nelle in città popolate da tanti anziani, già oggi, ma ancor più nel prossimo futuro - oltre che, speriamo, da molti più bambini – bisogna promuovere politiche e interventi che diano loro pienezza di diritti e di cittadinanza. Il che vuol dire, in primo luogo, garantire loro la possibilità di muoversi in sicurezza. Le città saranno davvero smart non solo per la quantità di tecnologia digitale a disposizione, ma soprattutto per la qualità e l’umanità della vita che riusciranno a offrire ai propri cittadini e a coloro che le visitano.
Forzando un po’ si potrebbe dire che c’erano una volta le “stragi del sabato sera”, quelle che colpivano i giovani automobilisti al rientro dalle feste in discoteca. In realtà ci sono ancora ma, sulla base di stime recenti, i giovani con meno di trent’anni che hanno perso la vita sulle strade nei fine settimana sono diminuiti di più del 50%, da oltre 900 a meno di 400. Sono ancora tanti certo, e c’è ancora tanto da fare per ridurre i cosiddetti “lenzuoli bianchi” stesi sulle strade nelle notti dello “sballo”.
È tempo però di gettare uno sguardo più attento anche a chi di anni ne ha di più e fino a poco tempo fa sembrava più al sicuro. Già oggi gli anziani sono più a rischio: vale soprattutto per maschi e pedoni.

Il Progetto ‘Sicurstrada’

La sicurezza stradale non può che essere uno degli ambiti più rilevanti di attività per una fondazione che fa capo a un gruppo assicurativo come Unipol, che peraltro ha fatto di questo tema uno degli elementi caratterizzanti del proprio modo di stare sul mercato. Già oggi (dati 2012), i morti per milione di abitanti sono 55 per gli under 65, 83 per gli over 65; per gli ultraottantenni si sale a 106 morti ogni milione. Questo vuol dire che saranno vanificati tutti gli sforzi compiuti finora per arrivare a dimezzare i morti al 2020.
Il 75% degli incidenti stradali si verifica in aree urbane, causando oltre il 70% dei feriti e il 42% dei morti totali. Si tratta generalmente di ciclisti e pedoni anziani. Sono questi infatti a pagare il prezzo più elevato dell’insicurezza nelle strade urbane. Il maggior numero dei pedoni vittime della strada sono anziani ed esi sono fra soprattutto uomini under 34 35 - 64 65 - 79 over 80,
I pedoni sono fra i soggetti più vulnerabili della strada, e i rischi aumentano con l’avanzare dell’età.
Nel 2012 i pedoni vittime sono stati 564 (su un totale di 3.653). Fra questi gli over 65 sono stati 351, cioè il 62%. In particolare la fascia d’età più colpita è 80-84 anni, con 92 vittime. Per quanto riguarda il genere, tra le vittime i maschi sono in maggioranza rispetto alle femmine: nel 2012 sono stati il 63% del totale (in aumento del 6,7% rispetto all’anno precedente).
Esaminando i dati si rileva inoltre che gli incidenti stradali che si verificano in aree urbane, causano oltre il 70% dei feriti e il 42% dei morti totali.
Per questo la Fondazione Unipolis, ha dato vita al Progetto Sicurstrada, caratterizzando il proprio impegno e la propria iniziativa sulla sicurezza stradale attraverso una analisi approfondita di quali siano i fattori determinanti per l’insicurezza delle persone sulle strade. È stato così possibile verificare come oggi la maggior parte degli incidenti avvengano nei centri urbani, nelle città. E che, sempre di più, a rimanere vittime sono le persone più deboli. In particolare pedoni e ciclisti, spesso intrappolati in un traffico caotico e pericoloso.
‘Sicurstrada’ declina il tema della sicurezza stradale collegandolo strettamente a quella della mobilità sostenibile. Una mobilità che migliora la sicurezza e la qualità della vita dei centri urbani attraverso minor inquinamento, minore stress, più attività fisica e risparmio economico.
Questa situazione è determinata in misura molto rilevante da comportamenti scorretti da parte di chi guida: siamo di fronte a una vera e propria caduta di responsabilità, rispetto delle regole e senso civico. Ma un ruolo assai pesante lo gioca l’assetto delle città, il modo in cui è gestita – o non è gestita affatto – la mobilità, ad iniziare dalla carenza del trasporto pubblico. Ecco perché la Fondazione Unipolis ha messo al centro della propria iniziativa e del progetto Sicurstrada il tema della difesa degli utenti più vulnerabili della strada – pedoni e ciclisti, insieme agli anziani e ai giovani – e della mobilità sostenibile.
Il Progetto ha intensificato il proprio impegno attraverso tre azioni precise: presenza sul territorio con le iniziative di Sicurstrada Live mirate alla sicurezza degli anziani e dei giovani; lo sviluppo delle nuove tecnologie applicate alla mobilità con una APP specifica; maggiore presenza sulla rete. Se non si interverrà con misure appropriate, fra meno di trent’anni, anziché diminuire, come è stato negli ultimi dodici anni, i morti sulle strade aumenteranno dell’11,8%, passando in valore assoluto dai 3.653 del 2012 ai 4.086 del 2040 . Infatti, a seguito del forte invecchiamento della popolazione, l’incidenza dei morti anziani sul totale delle vittime crescerà, determinando un aumento della quota di morti per milione di abitanti che passerà dai 61 del 2012 ai 64 del 2040.

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In europa muoiono in media 55 persone ogni milione di abitanti. - Ecco la situazione paese per paese

Nell’Unione Europea è Malta ad aggiudicarsi il primato del più basso tasso di mortalità negli incidenti stradali la cui media europa è di 55 morti per milione di abitanti.
Questa una ‘graduatoria’ di massima:

- Malta con 21,6 per milione
- Regno Unito con 28,1 per milione
- Danimarca, Germania, Finlandia, Irlanda,
Paesi Bassi,
Slovacchia Spagna, Svezia (tutti sotto la
media)
- Francia, Ungheria
- Italia, con 61 morti per milione di abitanti
è al tredicesimo posto
- Bulgaria, Grecia, Lettonia, Lituania,
Polonia, Romania
- In fondo alla graduatoria - con valori che
vanno da 82,6 a100 morti per milione
di abitanti, tutti gli altri Paesi.


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