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Del seguente articolo:

Ottobre - Febbraio/2015 -
Un Paese in piedi di fronte al terrore
Libé e Le Monde hanno raccontato al mondo la grande manifestazione di Parigi
Carlo Cerchioli da "Fotografia&Informazione"

La manifestazione di Parigi dell'11 gennaio scorso è stata un evento unico che ha costretto i media - almeno quelli francesi - a raccontare insieme alla cronaca materiale relativa ai redattori della rivista, alla folla e ai capi di stato, i valori che hanno spinto la gente a scendere in piazza in un numero mai visto.
Quelle che seguono sono le scelte delle fotografie, dei testi, della messa in pagina di Le Monde e Libération, le due testate quotidiane francesi tradizionalmente più attente alla fotografia d’informazione.
Libération di lunedì 12 gennaio 2015, quello che ha raccontato la più grande manifestazione dal dopoguerra a Parigi, ha scelto di variare la sua impostazione grafica semplificandola al massimo per dare più limpidezza al discorso per immagini.
Ha scelto un'unica fotografia che abbraccia la prima e l'ultima pagina e che mantiene il suo significato sia letta guardando solo la metà in prima pagina, sia aprendo il giornale al contrario per vederla totalmente. Una fotografia di una folla non indistinta ma dove si vedono bene i volti, i corpi delle persone. Nessun soggetto prevale sugli altri: Nous sommes un peuple recita il titolo in bianco su fondo nero, in basso a destra, a bilanciare il "peso" della testata in alto,un po’ spostata a sinistra come sempre. Una fotografia semplice che racconta tutti gli umori della piazza. A destra in basso, in verticale, lungo un sottile margine bianco, c'è la firma del fotografo: Johann Rousselot di Signatures.
È di Rousselot anche l'immagine che occupa le pagine 2 e 3. Il profilo di un giovane di colore si staglia su una bandiera francese, sullo sfondo una folla indistinta. Sulla guancia del giovane un piccolo adesivo con la parola d'ordine di quei giorni: Je suis Charlie. La didascalia dice soltanto A Parigi, place de la République, domenica. È uno sguardo attento, quello del giovane a capo chino che sembra commosso, rivolto verso un punto in basso quasi guardasse i soggetti della fotografia successiva di Stéphan Mahé della Reuters, La redazione di Charlie Ebdo e le famiglie delle vittime in testa alla manifestazione parigina, domenica. Questa è un'altra doppia pagina, la 4-5, con i redattori della rivista satirica, ripresi tutti a figura intera, sulla testa una fascia bianca con la scritta Charlie. Volti tesi, seri, qualche sguardo perso all'infinito; si tengono tutti per mano o sottobraccio.
Alle pagine 6 e 7, ancora una doppia, la fotografia lascia libero solo uno spazio, sulla destra, ad un paio di colonne per l'editoriale - a bandiera come d'uso - di Laurent Joffrin, Un élan magnifique (Uno slancio magnifico). Due giovani donne gridano, hanno la bocca spalancata, guardano lontano oltre il fotografo; una impugna un mazzo di margherite con una foglia di palma - uno di quei mazzetti senza pretese, come usano i francesi, senza carta e senza stagnola, solo un cordino a tener legato il gambo dei fiori. Anche loro sembrano idealmente guardare alla testa del corteo, ai redattori di Charlie Ebdo. La didascalia di questa fotografia di Frédéric Stucin è come sempre essenziale: Ai piedi della statua della Repubblica, a Parigi, domenica.
L'editoriale del direttore è il primo articolo che compare nella sequenza delle pagine fin qui tutte da vedere accoppiate nelle singole immagini. Il lettore fino a qui ha visto, se si eccettua il titolo in prima e le didascalie, solo fotografie.
La cronaca della manifestazione è stata affidata a fotografie quasi prive di simboli e retorica, anticipandole a qualsiasi testo. Sempre più spesso - almeno all'estero - sia nei quotidiani che nei settimanali, la fotografia viene impaginata anche prima del titolo ed è usata per catturare l'attenzione del lettore, per far individuare da subito l'avvenimento, il tema di cui si tratterà nell'articolo. Ma qui abbiamo 7 pagine per 4 fotografie prima di arrivare a un testo. È qualche cosa di più. È un piccolo reportage dove le dimensioni delle immagini e la secchezza delle didascalie spingono a un lungo guardo attento, non superficiale.
Finita la cronaca per immagini dedicata a Parigi, alle pagine 8 e 9, viene proposto un panorama delle altre manifestazioni nel paese, sempre attraverso, le fotografie mentre un'info-grafica fornisce le cifre dei partecipanti ai cortei di sabato e domenica su una cartina della Francia. Un breve testo ribadisce che si è trattato della più grande manifestazione dei francesi dopo quella della Liberazione. Molta gente ma non così tanta, si era vista solo il 13 luglio 1998 quando, per celebrare la nazionale di calcio che aveva vinto i Campionati del mondo, erano scese in piazza un milione e mezzo di persone. Le fotografie che compaiono su queste due pagine sono relative a: Rennes di Thierry Pasquet/Signatures, Clermont Ferrand di Pascal Aimar/Tendance Floue,Tourcoing di Aimée Thiron, due per Lyon di Romain Étienne, Strasbourg di Pascal Bastien e Marseille di Olivier Monge/MYOP.
A pagina 10 - titolato Un paese in piedi di fronte al terrore - inizia il racconto scritto della manifestazione. Un lungo occhiello: Quasi 4 milioni di persone hanno sfilato domenica in Francia, scandendo «Je suis Charlie» e «Non abbiamo paura». A Parigi, la folla era così densa che la prefettura a un certo momento a rinunciato a contare. Si tratta della più grande mobilitazione mai registrata nel paese.
Sono moltissime le brevi dichiarazioni raccolte fra i manifestanti e mescolate alla cronaca vera e propria del corteo e alle note di colore. A chiudere, la voce di un conducente del metro iperaffollato all'inizio della serata che al microfono dice ai suoi passeggeri "Sono felice di riaccompagnarvi, vi abbraccio". Sette giornalisti per questo pezzo più altri due che hanno curato le sette interviste "lunghe" (1000 battute circa ciascuna) con relativo ritratto fotografico che fanno da corona all'articolo principale che corre su cinque pagine. Due i fotografi in commissionato - Stephane Remael e Edouard Caupeil - per i ritratti ripresi quasi tutti in piano americano, in strada, a lato della manifestazione; Remael ha scelto di scattare in controluce con un flash, Caupeil in luce ambiente. I colori delle loro immagini sono un poco più lividi rispetto a quelli delle altre fotografie del racconto della manifestazione.
A pagina 14 sotto una fotografia di Albert Facelly, su tre colonne, che ritrae il disegnatore Luz che abbraccia altri colleghi della redazione di Charlie Hebdo, introduce un pezzo che raggruppa le varie dichiarazioni dei redattori del settimanale a proposito della manifestazione. Al centro scavato nel corpo dell'articolo un virgolettato in caratteri rossi sempre di Luz "Se il dramma limita la stupidità, tanto meglio. Ma prima di tutto dobbiamo creare, esprimerci. Charlie Hebdo non è alla ricerca di una unità nazionale, ma di lottare contro la stupidità"
Una fotografia d'ambiente - Frédéric Stucin il fotografo in commissionato - praticamente in bianco e rosso anche se sono le luci del bar a dare la dominante, introduce a pagina 16 un pezzo a proposito dell'atteggiamento degli abitanti delle banlieue e della loro diffidenza verso la manifestazione che si tiene a Parigi. Al bar "Auvergnat" a Château Rouge, nel diciottesimo arrondissement di Parigi, Domenica.
La storica fotografia dei capi di stato che Libération pubblica, è alle pagine 20-21,ed è opera di Philippe Wojazer della agenzia Reuters. Da sinistra a destra: Benyamin Nétanyahou, Nicolas Sarkozy, il presidente maliano Ibrahim Boubacar Keïta, François Hollande, Angela Merkel, Mahmoud Abbas e Matteo Renzi. Questa fotografia segna la chiusura del reportage per immagini relativo alla manifestazione e questa volta l'articolo cui si riferisce è alla pagina precedente titolato I capi di stato all'appello con l'occhiello che esplicita meglio: Più di cinquanta dirigenti internazionali sono sfilati a Parigi contro il terrorismo. Un gesto senza precedenti. Anche qui, siamo alle pagine 18-19, c'è un'altra fotografia - ancora di Albert Facelly - vagamente ironica, solo a 4 colonne, che ritrae alcuni politici francesi mentre sembra organizzino le loro posizioni dietro uno striscione: Jean Michel Baylet (PRG), Jean Christophe Cambadélis (PS), Jean Christophe Lagarde (UDI) eJean François Copé (UMP), domenica, a Parigi.
Nelle restanti venti pagine di Libération ancora altre ottime immagini sulle manifestazioni di domenica. Le fotografie messe in pagina - direttori artistici della testata sono Alain Blaise e Martin Le Chevallier - e soprattutto il primo gruppo che anticipa l'editoriale ridanno l'atmosfera di una protesta trattenuta dal dolore, dove anche il grido è stemperato dall'inconsueto impugnare un mazzetto di margherite. Immagini non retoriche, senza simboli evidenti come non se ne vedono spesso nell'ambito del giornalismo dei quotidiani. A Libération hanno dato spazio - quasi unicamente - all'interpretazione degli autori delle immagini piuttosto che seguire i canoni della classica fotografia d'agenzia di stampa senza per questo mancare alla cronaca dell'avvenimento. Hanno scelto gli sguardi discreti, attenti al dolore e non trionfali.
A Le Monde invece una di queste fotografie che definirei di sintesi, di quelle che raccolgono tutti gli stereotipi vecchi e nuovi e li articolano fra loro, l'hanno usata per la prima pagina. Una volta che questo genere d'immagine è associata al titolo e alla didascalia appropriati, il messaggio che veicolano è univoco e lascia pochi margini d'interpretazione al lettore. Place de la République, a Parigi di Stéphan Mahe della Reuters, è pubblicata a 5 colonne - tutta la larghezza della pagina - con il titolo in bianco scavato nel cielo azzurro del tardo pomeriggio che recita: C’était le 11 Janvier (Era l'11 gennaio). La frase sospesa con il tempo del verbo al passato dà immediatamente una connotazione solenne- mente storica alla fotografia e all'avvenimento. Consegna l'avvenimento alla storia attraverso la fotografia. Anche qualche giorno prima, a ridosso della strage nella redazione di Charlie Hebdo, nel numero del 9 gennaio, era stato fatto, a pagina 6, un titolo al passato con lo stesso sapore: Il giorno in cui, ovunque in Francia, hanno gridato: « Je suis Charlie». L' articolo raccontava le prime manifestazioni nel paese. Va aggiunto che l'uso del tempo al passato è dovuto anche al fatto che Le Monde,come giornale della sera, chiude in redazione intorno a mezzogiorno, e arriva nelle edicole con la data di due giorni dopo gli avvenimenti che si svolgono nel pomeriggio.
La fotografia à la une, in prima pagina, nell'edizione speciale di 24 pagine di Le Monde, è un piccolo caso da manuale giornalistico e ne è stata ben cosciente la stampa di mezzo mondo che l'ha scelta come fotografia d'apertura. Fra le varie testate l'hanno pubblicata in primaThe Times e The Daily Telegraph in Gran Bretagna, el Periodico e La Razon in Spagna, La Libre Belgique e De Standaard in Belgio, la Stampa e la Repubblica in Italia.
Uso la descrizione della fotografia fatta dal quotidiano della free-press francese Metro News di martedì 13 gennaio, perché è perfetta e centra il discorso. "La foto ha un respiro. Uno slancio. Del movimento. È diventata, in pochi giorni, un simbolo. In alto a sinistra, la statua della Marianne con le braccia tese che avanza. Di fronte a lei, un giovane, alza sopra la sua testa una matita. Ai loro piedi, una folla di persone sedute, si agitano, gridando, ridono. In primo piano, una bandiera francese. Lo scatto ripreso da Stephane Mahe (...), potrebbe quasi essere un caso da manuale, tanto gli elementi si articolano fra loro, le prospettive si allineano perfettamente, i simboli sono lì (corsivo mio). Un vero quadro (...) " Anche Mahe, il fotoreporter della Reuters chiamato da Nantes a Parigi per coprire l'avvenimento insieme ad altri sette colleghi, racconta dal sito della Reuters che "Lo scopo era quello di mostrare un popolo, una nazione orgogliosa dei suoi valori repubblicani - certamente della libertà di espressione. La combinazione di elementi presenti nell'immagine mi ha fatto pensare, nel momento in cui ho scattato la foto, che avevo catturato un momento simbolico dell'evento". Tutti d'accordo quindi sul simbolismo di questa immagine. E anche il pubblico l'apprezza se da subito la fotografia è rilanciata sui social network ed è letta "sovrapposta" in una sorta di parodia, al quadro del 1830 La Liberté guidant le peuple di Eugène Delacroix (La libertà guida il popolo) - icona della cultura di massa francese - come Le Crayon guidant le peuple (La Matita guida il popolo). Ne parlano martedì 13, Le Figaro e il sito arretsurimages.net il giorno 14.
Immediatamente sotto altra fotografia simbolica: Le Monde allinea cinque "strilli", ciascuno su una colonna, a indicare i temi del giorno. Dall'enfatico Mai visto 3,7 milioni di Francesi e 44 capi di stato hanno sfilato a Parigi e in tutto il paese al giudizio degli storici sulla giornata dell'11 gennaio passando per il ruolo unificante di Hollande, il Patriot Act francese e la rivoluzione nella politica estera della Francia. In taglio medio, per Analyse (Analisi) inizia l'articolo La tentazione di un Patriot Act a la Francese. Appoggiato al bordo inferiore della prima pagina Le Regard de Plantu, la vignetta che in questi giorni non è mai mancata ed è stata sempre particolarmente sentita. Per Tribune (Tribuna) l'inizio di un intervento su La Francia senza gli ebrei non è Francia e una pubblicità di letti e divani in saldo, in basso, nell'angolo di destra.
Le pagine 2-3 di Le Monde sono dedicate a Una giornata per la storia, il sommario recita Quanti erano? Tre, quattro milioni? La storia ricorderà questo giorno da Parigi a Toulouse passando per Bordeaux, Valence, Crest, Bayeux, Sète, Obernai e decine di altre città e paesi, la Francia ha marciato contro la barbarie. L'articolo, di Benoît Hopquin e Vanessa Schneider con la redazione di Le Monde e i corrispondenti regionali, più che una cronaca della manifestazione parigina è un racconto dell'aria che si respirava nelle piazze del paese con molte dichiarazioni dei partecipanti ad alcune delle varie manifestazioni anche se prevalgono note e interviste dalla capitale.
Una fotografia di giovani in primissimo e primo piano, impaginata su una giustezza di 5 colonne, decentrata in modo da equilibrare la doppia pagina, a firma di Guillaume Herbaut per Le Monde, correda le pagine. La didascalia Place de la République, a Parigi, l'11 gennaio lascia libertà di lettura. Tanto la fotografia in prima è carica di simboli tanto in questa sono appena accennati. Un pezzo di tricolore, un pezzetto di Charlie, una mano che ne solleva un'altra... Sta alla sensibilità e alla conoscenza della realtà del lettore darne una interpretazione. L'unica cosa che emerge con chiarezza dall'immagine è una partecipazione attiva alla manifestazione. Non poteva mancare, anche qui, un'info-grafica sulle grandi manifestazioni repubblicane o di unità nazionale e la relativa partecipazione su quattro date: la Liberazione di Parigi il 26 agosto del 1944, il 12 luglio per la vittoria ai campionati del mondo di calcio, il 1 maggio 2002 contro la presenza di Jean-Marie Le Pen al secondo turno delle elezioni presidenziali e l'11 gennaio 2015. Le fonti sono quelle del Ministero degli interni e per l'ultima data danno una stima di partecipazione per Parigi fra 1,2 e 1,6 milioni di persone mentre per tutta la Francia 3,7 milioni. A pagina 3 un piccolo articolo racconta la banda Charlie che gioca ai bambini buoni in testa al corteo di Parigi.
Altre otto fotografie illustrano le 4 pagine successive. Tutte orizzontali, sono sistemate in alto sopra i titoli, non hanno una corrispondenza diretta con gli articoli sottostanti né possono essere lette in una ideale sequenza che corre di pagina in pagina. Ne faccio quindi un semplice elenco delle didascalie con i nomi dei fotografi. Manifestazione degli amministratori locali e dei cittadini a Portets (Gironde), Eugénie Baccot per Le Monde; I genitori e gli studenti della scuola Paul Painlevé sfilano a Lione, domenica, Bertrand Gaudillièr/ITEM per Le Monde; Alla manifestazione di Marseille, France Keiser/MYOP per Le Monde; Gli abitanti di Grigny (Essonne) su un autobus noleggiato dal municipio, per Le Monde; F. Hollande e Patrick Pelloux, medico e collaboratore di «Charlie Hebdo», Matthieu De Martignac/LP per Le Monde; Marine Le Pen a Beaucaire nel Gard, Arnold Jerockiper Le Monde; In un corteo a Parigi, Jean-Claude Coutausse/French Politics per Le Monde; Autorità religiose e politiche in corteo, Jean-Claude Coutausse/French Politics per Le Monde.
Questo schema d'impaginazione viene interrotto dalla fotografia dei Cinquanta capi di stato e di governo hanno sfilato, domenica 11 gennaio a Parigi, accanto a Francois Hollande, su sei colonne che introduce l'articolo Il mondo sfila a Parigi contro il terrore. La fotografia è di Matthieu De Martignac/LP.
Da qui in avanti il giornale riprende la gabbia grafica di sempre fatta eccezione per una grande fotografia panoramica pubblicata nella pagina centrale del fascicolo, la 12 -13, di una folla indistinta a Place de la République, domenica 11 gennaio di Kenzo Tribouillard/AFP, con al centro la grande statua ripresa di spalle. Sul sito di AFP si trova un "dietro le notizie" per chi fosse interessato a conoscere come è stato possibile scattare questa fotografia.
I due quotidiani hanno approcci simili all'avvenimento ma cambiano gli stili della messa in pagina e anche quelli degli articoli. Come detto sia Le Monde che Libération snelliscono la loro gabbia grafica favoriti dal fatto che l'avvenimento da raccontare è l'ultimo esito di attentati, caccia ai terroristi, prese di ostaggi con epilogo cruento che, nel corso della settimana, hanno fatto scomparire dall'agenda dei fatti notiziabili, cioè da quella serie di fatti che ogni media decide valga la pena pubblicare, molte notizie e temi. In ordine di importanza, la manifestazione di domenica indetta dal Presidente Hollande è in cima alla lista. Oltre le molte articolazioni date dalla presenza alla testa del corteo dei redattori della rivista superstiti e dai capi di stato di una cinquantina di paesi stranieri ci sono le altre manifestazioni che possono avere un ruolo significativo così come ci sono i riflessi degli ultimi avvenimenti sulle leggi sulla sicurezza, la politica estera del paese in Europa e nel Mediterraneo, ecc. ecc. Ma a dover essere raccontati in prima battuta, sono i valori di libertà, uguaglianza e fraternità quelli che spingono alla solidarietà e alla vicinanza verso i parenti e i colleghi delle vittime, siano i redattori di Charlie Hebdo, i poliziotti o gli ebrei. Entrambi i quotidiani fanno scelte identiche. Mettono i 50 capi di stato al fondo delle loro cronache, Libération chiude fisicamente le cronache dalla capitale con la fotografia dei capi di stato sulla pagina centrale del giornale. E poi, forse anche di fronte alla marea di persone, i due quotidiani decidono di dar voce al "popolo" attraverso le interviste a singole persone in piazza. Va da sé che il metodo ha un altissimo indice di arbitrarietà; applicandolo si può dimostrare tutto e il contrario di tutto scegliendo a posteriori a quali dichiarazioni dare spazio. I due quotidiani l'hanno però declinato con attenzione cercando di rendere la "vox populi" la meno anonima possibile e dando spazio ad una vasta gamma di voci. Su Le Monde contiamo 29 brevi dichiarazioni, tutte corredate da nome cognome, età, professione; a Libération sono meno fiscali e pubblicano 20 dichiarazioni con solo il nome e l'età più, come ho già detto, 7 interviste vere e proprie, queste complete di dati anagrafici. Ci sono donne e uomini, anziani e giovanissimi. Dal quadro di questo "popolo" mancano però quasi totalmente le generazioni dei ventenni e trentenni. Sono più restii a parlare o ce n'erano pochi? Neanche le foto aiutano a capire.
Queste cronache dalla piazza sono condite con una certa dose di retorica nettamente più accentuata nell'articolo di Le Monde; l'attacco prima gioca ancora una volta - vedi i titoli - sull'arrivare nelle edicole in netto ritardo rispetto alla concorrenza per scivolare poi nei toni epici. "Certo, è già domani. Certo, ognuno riprende la sua strada ... Le polemiche e i litigi ricominceranno. Destra e sinistra si faranno a pezzi. Ma per lo spazio di un fine settimana, la Francia ha vissuto una pagina di storia". Poi parlando dei numeri dei partecipanti alle varie manifestazioni la retorica prende la mano: "record ovunque ... non ci aspettavamo di essere coì numerosi, così forti" e quasi a conclusione di paragrafo "all'ora della partenza, sapevamo già che il percorso era stato sottodimensionato e non poteva contenere tante emozioni. E ancora "Eravamo là per esserci, per contarci ... Ovunque lo stesso silenzio. Non proprio di raccoglimento, piuttosto di una determinazione fredda e silenziosa contro coloro che affermano di far paura alla Francia. Nessun slogan, nessun suono, nessuna musica, nessun leader. Una sola parola d'ordine: «Je suis Charlie»". Al contrario, l'editoriale non firmato a pagina 24,Il Messaggio dell'11 gennaio, rivolgendosi esplicitamente al governo e al legislatore è pulito, semplice ed equilibrato nei toni.
A Libération la situazione è ribaltata. Tanto si mantiene lontano dalla retorica epica l'articolo che racconta la manifestazione quanto l'editoriale è sopra le righe. Basta l'attacco e una piccola citazione a darne il tono: "La speranza e il dolore, marciano alla testa del corteo. Devastata dal pianto, stanca di disordini, ma rinfrancata da una solidarietà grande come il mare, la redazione di Charlie ha manifestato a Parigi, seguita da un milione e mezzo di persone, come dire, dalla Repubblica ... Contro la violenza contro l'oscurantismo, contro la divisione delle comunità, il paese di Voltaire e di Cabu (uno dei disegnatori assassinati ndr) si è sollevato in un enorme slancio civico".
L'idea iniziale dopo aver sfogliato e letto gli editoriali dei numeri dei due quotidiani francesi che raccontavano la manifestazione parigina era sottolineare la contraddittorietà esistente in entrambe le testate. A Libération, a un racconto fotografico impeccabilmente selezionato e messo in pagina, corrispondeva un editoriale retorico. Viceversa sulle pagine di Le Monde a una scelta fotografica non omogenea corrispondeva un editoriale privo di eccessi retorici.
La lettura delle rispettive cronache ha aperto una contraddizione in più visto che gli stili rispetto agli editoriali si ribaltano nuovamente. Le Monde iperetorico, Libération più contenuto nei toni. In quest'ultimo caso si può anzi dire che esiste - almeno in questo numero - una concordanza fra fotografie e testo tale da sollecitare il lettore a cercare di farsi un'idea propria. Come le immagini danno informazioni senza essere sintesi di simbologie stereotipate, allo stesso modo i testi raccontano una storia senza gridarla, con solo poche scivolate. Entrambi i giornali tralasciano di affrontare un tema ciascuno. Le Monde non parla della banlieue ma parla degli ebrei, del loro non sentirsi sicuri, della visita "molto politica" di Nétanyahou a Parigi; le differenze culturali del paese emergono solo dalla cronaca di una manifestazione nella cittadina agricola di Aiguillon, dove "gli immigrati sono silenziosamente ostracizzati". Libération non parla della comunità ebraica, se non in una dichiarazione raccolta per strada e del leader israeliano dice solo che è stato "il primo ad annunciare la sua venuta" per la manifestazione. Però due giornalisti e un fotografo vanno a Seine-Saint-Denis, banlieue parigina dove i "residenti sono rimasti lontano da una manifestazione di cui diffidano". E qui a parlare sono i ventenni che quasi non esistono nelle cronache dalla piazza.
A monte di tutte queste scelte redazionali stanno la linea politico-editoriale e il pubblico cui fa riferimento ciascuna testata. Anche privilegiare la comunicazione visiva come ha fatto Libération è una scelta redazionale forte e cosciente perché messa in atto con grande professionalità: da quella dei fotografi che hanno ripreso le immagini a chi le ha selezionate in funzione di una gabbia grafica modificata rispetto all'usuale.


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