Come abbiamo affrontato il CoViD 19
ANALISI
Politica, medicina e virus.
Il primo problema che i nostri politici hanno affrontato all’inizio, è stato “l’emergenza razzismo”, come se applicare misure di buonsenso (la quarantena) a chi, per qualsiasi motivo, aveva avuto contatti nelle zone di contagio cinesi, fosse discriminatorio. Chi sosteneva una linea sanitaria più stringente, diventava un fascio-leghista.
Quando c’erano ancora poche centinaia di casi tra Veneto e Lombardia, nasceva il #milanononsiferma del Sindaco Sala, con il corollario di spritz e aperitivi sui navigli. Qualche giorno dopo tutta la Lombardia è diventata zona rossa e chi, come il segretario PD Zingaretti partecipava agli aperitivi antipanico si è ritrovato, dieci giorni dopo, in quarantena domiciliare per aver contratto il COVID19.
Le misure di contenimento sono discriminatorie ma non in base al colore della pelle o delle caratteristiche somatiche ma verso chi potrebbe essere una minaccia alla salute ed il virus non è razzista, colpisce tutti. Il Presidente del Consiglio Conte è passato da “la situazione è sotto controllo” del 21 febbraio al “sorpreso dagli aumenti dei contagi” di un paio di giorni dopo, a “questa è la nostra ora più buia” del 9 marzo. Neanche a dirlo, ci sono stati giorni ancora più bui.Qualche Presidente regionale è andato in ordine sparso, quando ancora al governo non si dava retta agli scienziati ma ai venditori case che protestavano per una possibile chiusura. Quando il governatore della Regione Marche, si era detto pronto a chiudere scuole e università, i ministri per gli Affari regionali, per l’Università e per l’Istruzione, Francesco Boccia, Gaetano Manfredi e Lucia Azzolina ammonivano: “La sua decisione, peraltro, non trova riscontro in nessuna disposizione sin qui prevista dalle competenti autorità scientifiche che supportano l’azione del governo nella gestione di questa emergenza. Appare semmai del tutto sproporzionata, contraddicendo il principio di proporzionalità delle misure fin qui adottato dal governo. Pertanto, il governo procederà a impugnare attraverso l’Avvocatura generale dello Stato l’ordinanza della Regione Marche”. Era il 25 febbraio, neanche 10 giorni dopo il Governo ordinava la chiusura di tutte le scuole d’Italia, che rimarranno chiuse fino alla chiusura estiva e a settembre chissà.
Nel frattempo il sistema di soccorso è imploso: ospedali al collasso, carenza di mascherine e disinfettanti (comprati dalla Cina) e tanti morti, a “botte” di 5-600 al giorno. Le aziende che volevano riconvertire la produzione si sono scontrate con la burocrazia italiana, quelle che non lo hanno fatto hanno venduto mascherine di merda.
La gestione.
Per ricordarci che la politica italiana odierna è paragonabile al “Grande Fratello” televisivo, ci dobbiamo ricordare che la bozza di un decreto del Governo è arrivata ai media prima dell’entrata in vigore, scatenando il panico. La cosa oscena è che su questo incredibile errore si è fatta lotta politica, sono stati accusati i “lumbard” (icona dei votanti leghisti) di abbandonare le zone rosse, in realtà, al netto di qualche centinaio di pensionati che è scappato nelle case al mare, ad assaltare i treni che partivano dalla Lombardia sono stati i “fuorisede” (lavoratori o studenti) del sud.
Non si è taciuto l’eco dell’assalto ai treni che è iniziato quello delle prigioni. I carcerati, a causa del COVID19 vogliono uscire dalle carceri (nel frattempo è davvero uscito più di qualche boss cagion
evole), a spalleggiare la loro lotta violenta i parenti e gli antagonisti.
Con la chiusura, nelle case degli italiani si è iniziato ad impastare il pane in casa si è scoperta una Sanità pubblica eroica e mal equipaggiata, meno pubblicizzata dei medici “affittati” da Cuba. Una sanità che ha entrate appena sufficienti e servizi da terzo mondo, per colpa della solita mala gestione politica. Anche i sanitari ci mettono del loro tra le varie parentopoli e amantopoli che sono ben rappresentate negli organigrammi di ASL e ospedali.
In 10 anni sono stati fatti tagli alla Sanità per un valore totale di 37 miliardi di euro, ci si è ritrovati tra chiusure e accorpamenti di ospedali con 5179 posti di terapia intensiva tra pubblico e privato. Una Sanità che per 180.000 (circa) contagiati ufficiali, ha lasciato sul campo (almeno) 28.000 morti tra questi almeno 200 sanitari su oltre 10.000 contagiati. Emerge il sospetto che più di qualche medico, fra quelli che prestano servizio negli ospedali del Nord, nel mese di marzo abbia dovuto, seppur in modo doloroso, scegliere quali pazienti “intubare” e quali no, basandosi sull’età connessa alla presenza di gravi patologie pregresse.
In Germania, avendo un numero spropositato di incidenti stradali, hanno anche più del doppio delle terapie intensive italiane e il numero dei morti tedeschi è stato di molto inferiore, loro intubano e fanno tamponi in estrema tranquillità.
Sul numero dei contagiati ci sono stime e misteri, perché i tamponi sono stati fatti col contagocce ed il milione e mezzo di tamponi fatti non rappresenta un milione e mezzo di contagiati perché, almeno un 5%, il tampone lo ha fatto 3 volte. Se non stavi per morire il tampone non te lo faceva nessuno, tranne in caso di giornalisti, politici o calciatori. Non hanno fatto tamponi (a tappeto) ai sanitari, agli autisti delle ambulanze, al personale delle RSA, alle forze di polizia.
Hanno chiuso e in due mesi, l’Italia ha raggiunto la soglia di mantenimento circa 100.000 infetti che rimangono costanti tra i 3000 nuovi a cui si aggiungono i 2500 guariti e i 500 morti al giorno. Circa 30.000 morti (80% anziani) destinati ancora a salire. I più cattivi hanno pensato (e noi non siamo tra questi) che l’unico contento di tutti questi morti sia il signor INPS che risparmierà nel prossimo futuro circa 300 milioni di euro l’anno di pensioni.
I luoghi di infezione post decreto sono state le case, gli ospedali e le RSA dove si sono avuti complessivamente l’80% dei contagi. Non ci vuole una scienza a capire che chi è contagiato non può rientrare in casa e che le RSA erano luoghi da preservare. Invece, chi aveva sintomi ma non aveva “un piede nella fossa”, veniva rispedito a casa. Nel frattempo, nelle RSA di tamponi e mascherine non se ne parlava, per non veicolare il panico tra gli ospiti. Chissà se quando hanno iniziato a morire, gli ospiti hanno avuto paura.
I volontari.
I volontari, bravissimi, persone di cuore, hanno trasportato malati (spesso senza aver frequentato corsi ad hoc e senza DPI, hanno portato le medicine e la spesa a chi non si poteva muovere e per primi si sono resi conto che gli italiani di soldi non ne hanno. Hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo. A volte sono andati all’assalto con le baionette contro le mitragliatrici. Più di qualcuno si è infettato ed è morto per aiutare gli altri.
Ci si aspettava, soprattutto dalle associazioni più grandi un volume di professionalità che non è mai arrivato, gente con tute da contenimento da film e ospedali da campo degni di “Mash”. Oltre ad un ospedale messo su in un battibaleno, all’interno della fiera di Bergamo, dall’Associazione Nazionale Alpini, la norma è stata qualche tenda per il pre-triage ed un obitorio mobile.
Si sono viste Crocerossine – le quali frequentano un corso durissimo che dura due anni per cui, alla fine, diventano Operatori Socio Sanitari Specializzati (e per, al pari degli infermieri possono somministrare terapie) – cucire mascherine. Per carità, grazie, hanno fatto onore al loro motto (ama, lavora, conforta e salva) ma con la loro preparazione avrebbero potuto dare respiro a chi era impegnato nei reparti CoViD. Avrebbero potuto tenere la mano ai tutti quelli che sono morti da soli nei reparti di terapia intensiva, come facevano con i soldati durante la prima guerra mondiale. Per portare la spesa o i farmaci a domicilio bastavano i boy scout e i volontari temporanei di Casapound. Ovviamente tra i volontari, bocche cucite, la parola d’ordine è “va tutto bene”. Ai sensi dell’Art 15 lettera k del codice etico e di condotta, i volontari CRI non possono rilasciare (senza essere autorizzati) interviste, con buona pace dell’art. 21 della Costituzione.
The Italians.
Si sono riversati sui social a sfogare rabbia, far vedere manicaretti e a dividersi politicamente.
Mes, Eurobond, Coronabond, Recoverybond, sono diventati mutui da scegliere come se ci si presentasse personalmente da un consulente bancario. Però il risparmiatore avveduto, prima di scegliere un prodotto finanziario, si fa spiegare il tasso di interesse, le clausole vessatorie, il piano di ammortamento. Per niente, il governo e soprattutto l’Unione Europea hanno fatto dichiarazioni su questo o quel prodotto, dal nome scintillante ma senza spiegarne nel dettaglio l’essenza. Degli uni o degli altri, gli italiani hanno preso le parti non accorgendosi di essere alla fame.
Vivere in uno stato di “lockdown” ha bloccato le cose, ma anche se le bollette o i prestiti o i pagamenti da effettuare non sono arrivati, presto arriveranno anche per il periodo in cui si è stati a casa. Non basteranno 600 euro, soldi che comunque dovremmo restituire con le tasse in futuro. Non è un regalo, è un prestito, al pari di quello che viene dato agli imprenditori. Lo dovranno ripagare.
La situazione economica che già era disastrata si è fatta più dura e la gente da metà Aprile faceva la spesa con i soldi contati nei supermercati, cercando di afferrare tutte le offerte possibili, risparmiando il più possibile e prosciugando i pochi risparmi, per chi li aveva. Altri si sono affidati ai pacchi viveri delle associazioni di volontariato e alla “spesa sospesa”.
Una trattazione a parte merita l’analisi dei controlli, le forze dell’ordine nazionali e locali, in un mese, hanno controllato (elaborazione su dati del Ministero dell’Interno tra il 28 marzo ed il 24 aprile) 7 milioni di persone, elevando 240.000 sanzioni amministrative, denunciando quasi 2000 persone per false dichiarazioni e circa 600 denunce per violazione della quarantena.
Considerando che le violazioni (se mai saranno pagate) daranno un gettito, stimato grossolanamente, di circa 10 milioni di euro, il dato da considerare non è quello di chi ha mentito alle forze dell’ordine ma di chi è uscito nonostante la quarantena. Considerando che il dato di 600 persone risente del cosiddetto “numero oscuro” (cioè quelli che hanno fatto un reato e non sono stati scoperti) che sarà almeno il doppio se non il triplo, vuol dire che in Italia abbiamo avuto dai 1200 ai 1800 “untori” (al mese) che, consapevolmente, se sono andati in giro ad infettare le persone.
Il 4 maggio si è entrati nella fase 2 tra qualche settimana scopriremo se sarà stato un errore o meno. Se gli italiani rispetteranno le regole, forse, non torneremo in quarantena. Si sa, dare regole agli italiani non è difficile, è inutile.
Speciale Covid 19 – di Leandro Abeille