Fa sempre più caldo

Ecologia

Il surriscaldamento globale

Anche se fino alla fine di Maggio non abbiamo versato una goccia di sudore per l’afa, il mondo si sta surriscaldando. Non è una percezione stagionale personale, per cui in primavera e autunno si vede in giro, nello stesso momento, gente in maniche corte e gente in piumino che cercano di capire chi abbia sbagliato a vestirsi.
Dati alla mano, ci stiamo surriscaldando davvero, negli ultimi 100 anni la temperatura media della Terra si è alzata di circa 1 grado (nel 2005 erano 0.74 °C). La stragrande maggioranza degli scienziati è convinta che – seppure la terra abbia visto fasi di riscaldamento e raffreddamento – questo aumento anomalo di temperatura sia dovuto alle attività umane. L’aumento è causato dal cosiddetto “effetto serra”, quel processo per il quale l’energia solare che colpisce la terra, “rimbalza” verso lo spazio ma viene trattenuta dall’atmosfera e dai suoi “gas serra”, i quali non permettono che venga persa. Questo processo, indispensabile per la nostra vita, permette una temperatura media terrestre di circa 15 °C, senza di esso la nostra temperatura sarebbe 30°C in meno. Ad una temperatura media di  – 15 °C  la vita, cosi come la conosciamo, non esisterebbe.

L’effetto serra è un bene per la nostra vita, ma se dovesse aumentare l’efficacia provocherebbe danni seri, dallo scioglimento dei ghiacci, con contemporaneo innalzamento dei mari, alla desertificazione delle terre fertili. Cambierebbe anche la distribuzione e la quantità delle piogge e l’intensità degli uragani, la temperatura ed il pH di mari e  oceani, con i relativi gravissimi danni all’ecosistema marino. Due sarebbero le immediate conseguenze: l’estinzione di specie vegetali e animali e la difficoltà di approvvigionamento idrico e alimentare. Questo porterebbe a fame, crisi economiche, migrazioni incontrollabili (che quelle odierne sembrerebbero scampagnate) e ovviamente guerre generalizzate.

 

Surriscaldamento e anidride carbonica (CO2)

Il principale gas serra, imputato quale responsabile dell’implementazione del surriscaldamento e prodotto in quantità dall’uomo, è la CO2. Da quando ci siamo industrializzati ne stiamo producendo miliardi di tonnellate ogni anno ed infatti, dalla rivoluzione industriale stanno aumentando le temperature.

Nella nostra atmosfera, dalle 290 “parti per milione” di anidride carbonica dell’anno 1000, siamo passati alle 390 ppm del 2000, con (probabile) conseguente aumento (per via del maggior effetto serra) di 1 °C.
Altro gas serra “pericoloso” è il metano, prodotto presso centrali elettriche, discariche e allevamenti. Rispetto a quest’ultimi, sembrerà una barzelletta ma quando le mucche digeriscono il loro cibo, producono (ed espellono) gas metano. Con l’aumentare degli allevamenti aumenta (anche se non in maniera esagerata) questo gas serra. L’unica fortuna è che il metano si degrada in circa 12 anni, a differenza dell’anidride carbonica che lo fa in 500.

 

Cosa fare?

In Europa, i maggiori produttori di gas serra sono  la produzione di energia (29,3%), i trasporti (19,5%), l’industria (19%), il riscaldamento delle case (11,5%) e l’agricoltura (11,3%).
Per diminuire l’effetto serra ed il riscaldamento globale, è necessario cambiare abitudini, anche se un cambio – solo di alcuni – farebbe più bene al portafoglio, rispetto alla salute del pianeta. Possiamo usare maggiormente energie rinnovabili, avere una migliore efficienza energetica (apparecchi elettrici a basso consumo, case coibentate etc.), mangiare prodotti a km 0, anziché congelati o distanti migliaia di km (pesci dell’oceano indiano, frutti esotici etc.),  proteggere le aree verdi, produrre meno imballaggi e meno rifiuti, comprare auto con migliore efficienza energetica o non alimentata con combustibili fossili. I soliti consigli da ecologista.
Il problema però è più complesso, c’è infatti bisogno che gli altri paesi (e non solo gli europei) facciano di più. I maggiori produttori di gas serra non siamo noi ( che ci auto-flagelliamo costantemente) ma i cinesi, che da soli producono circa il 30% di tutta l’anidride carbonica mondiale. Secondi gli USA, staccati di circa 15 punti, terzi gli indiani con il 7% circa.

La Cina in special modo, grazie ad uno spregiudicato modo di produzione, invade i mercati mondiali con i suoi prodotti che, in barba a qualsiasi regola ecologica (e di sicurezza sul lavoro), costano molto meno. In Europa, dove le regole sono tante e imposte con fermezza, il sistema di produzione più ecologico influisce sui costi di produzione, abbassandone la competitività.

I governi mondiali sono corsi ai ripari con l’accordo di Parigi (Cop21), firmato da 195 Paesi. E’ entrato in vigore a fine 2016 con la ratifica di 55 Paesi (che producono il 55% delle emissioni). L’accordo, implementato dal pacchetto di norme attuative di Katowice (Cop24), fissa “al di sotto dei 2 gradi” l’aumento massimo del riscaldamento globale con l’impegno di arrivare a 1,5 gradi. L’obiettivo è di ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, tuttavia, qualche paese, sta già però pensando di uscirne. Questo è il nodo, non le flautolenze delle mucche.

di Leandro Abeille

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