Gli insetti eduli
“Di questi potrete mangiare: ogni specie di cavallette, ogni specie di locuste, gli acridi e i grilli”. (Levitico 11:22)
Premessa
Sono circa 1500 le specie di insetti eduli: sono salutari, nutrienti è più efficienti delle tradizionali fonti di proteine quali la carne o il pesce. I bruchi contengono il 28% di proteine, quanto le barrette per sportivi. Per produrre lo stesso quantitativo di proteine, i bovini consumano 12 volte più cibo, gli Ovini 4, suini e avicoli il doppio, rispetto agli insetti. I grilli ad esempio richiedono solo 2 kg di cibo (molto meno costoso rispetto a quello per gli animali da allevamento) ogni kg di peso corporeo. Inoltre, molti insetti oltre ad essere un’ottima fonte di proteine, contengono grassi “buoni” e micronutrienti importanti quali il calcio il ferro o lo zinco. Per quanto riguarda l’aspetto ambientale, gli insetti non producono neanche lontanamente la quantità di emissioni nocive quali il metano o l’ammoniaca, che invece vengono prodotte dagli allevamenti animali, soprattutto intensivi. Possono inoltre essere alimentati dalla semplice erba spontanea e addirittura dai rifiuti organici appositamente selezionati e purificati. Sembrano avere solo vantaggi ed un problema che pare insormontabile.
“Magnatela te sta m….” (Cit)
Pare che gli insetti fossero apprezzati da antichi greci e romani, Giovanni il Battista se ne cibava, riporta l’evangelista Matteo: “Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico” (Matteo 3:4). Attualmente, il maggiore ostacolo al consumo umano degli insetti è rappresentato dal ribrezzo dell’ingerirli. È semplicemente una questione di abitudine culinaria, poiché – normalmente – ci provoca disgusto tutto ciò che non mangiamo. Il problema non è neanche la provenienza del cibo ma la semplice abitudine a consumarlo. Siamo abituati a mangiare lo stomaco della vacca (la trippa), l’intestino dell’Agnello da latte (compreso l’interno – si chiama “Pajata” a Roma), i testicoli del Toro, le cosce delle rane, le lumache (pardon “escargot”), il Casu Marzu (il buonissimo formaggio sardo ripieno di larve), qualcuno succhia all’interno delle orbite oculari dei pesci, mangiamo addirittura il miele, cioè, il rigurgito delle api. Probabilmente non è neanche l’aspetto degli insetti il problema, perché a ben vedere un gamberetto non è morfologicamente così distante da un grillo o dalla locusta (chiamati anche crostacei di terra). Magari un problema è il sapore, ma come ci dicevano le nostre mamme da piccoli imboccandoci il cervelletto d’agnello bollito: “se non assaggi non puoi sapere se non ti piace”. La nostra cultura culinaria si è basata su alcuni cibi che ci portano a considerarli delle prelibatezze e rifiutare aprioristicamente tutto il resto. È per cui un problema d’abitudine e di volontà nel provare qualcosa di diverso, un po’ come quando abbiamo portato nostra nonna, nata cresciuta e pasciuta a Trastevere, a mangiare al ristorante cinese.
Altre culture culinarie
Gli scarafaggi nei vari stati di crescita, insieme ai cugini grilli, cavallette e locuste sono gli insetti più mangiati nel mondo dall’Africa, alla Cina fino al Sudamerica. Molti insetti sono usati come snack, è il caso delle cicale che una volta catturate, vengono bollite o fritte e a volte intinte in salse. Vengono consumati anche i vermi e i millepiedi. Gli statunitensi hanno un’avversione per la carne di cavallo ma in più di qualche angolo degli States si consumano insetti, compresi i millepiedi giganti arrosto. Pare siano croccanti fuori e morbidi all’interno. In Australia le popolazioni indigene (e non solo loro) mangiano le formiche Honey-pot famose per avere una pancia piena di liquido dolce, in Messico ancora si usa il caviale di insetti, uova di formiche fritte nel burro usate anche nei tacos. In Giappone si mangiano larve di vespa condite con soia e zucchero. Scorpioni e tarantole vengono consumate in Thailandia, Cina, Vietnam, in ossequio a due pilastri fondamentali:
Fritto è tutto buono;
In Asia, qualsiasi cosa edule si muova (e anche se sta ferma) la cucinano e la mangiano, spesso è anche buona.
Il consumo di insetti: aspetti storico-antropologici
Gli uomini dell’antichità erano meno sviluppati ma per nulla scemi e sapevano che l’organismo ha bisogno della carne. Ancora non avevano scoperto le proteine e gli amminoacidi, non avevano a disposizione (soprattutto in alcune zone) le possibilità di allevare tutti gli animali di cui avevano bisogno per alimentarsi e gli insetti hanno rappresentato un utile sostituto. Parliamo dello stesso periodo in cui nascono i tabù, gli israeliti non mangiano il maiale perché, in termini di consumo d’acqua, è molto più dispendioso da allevare rispetto alle capre; gli indiani – invece – reputano la vacca “sacra” perché è molto più utile – per la sopravvivenza umana – da viva che da morta. Con l’aumentare del progresso, delle tecniche di sfruttamento delle risorse e delle migliori condizioni economiche, allevare animali da carne è stato più facile ed il ruolo degli insetti si è – soprattutto nei paesi più ricchi – ridotto. C’è poco da fare, nessuno (sano di mente) sceglierebbe una tarantola fritta, in luogo di una salsiccia o di un arrosticino. È pur vero che l’arrosticino lo può mangiare chi ha un’infrastruttura agricola e alimentare adeguata, risorse naturali sufficienti ed una popolazione non troppo estesa.
La situazione attuale
Senza giri di parole: nel 1980 eravamo 4 miliardi e mezzo su questa terra, oggi siamo quasi 8 miliardi. La maggior parte in paesi poveri. Sfamare tutti (comprese le popolazioni dei paesi ricchi) comporta costi economici, sociali e ambientali che non ci possiamo più permettere. Con questi ritmi di crescita demografica, se vorremo preservare la terra dallo sfruttamento intensivo delle sue risorse, dall’acqua al cibo vegetale, mangiare insetti ritornerà di moda. A questo proposito non hanno torto gli ovo-latto-vegetariani, se un ettaro di terra che può sfamare un numero X di persone con prodotti vegetali, viene usato per allevare animali che producono carne, le persone che verranno sfamate da queste ultime saranno X – gli animali allevati. Fatti gli adeguati calcoli, in linea teorica, se possiamo supporre che un ettaro di terra sfami circa 6-8 persone, con un ettaro dedicato al mangime per animali che poi vengono macellati se ne sfamano la metà, compresi anche gli eventuali sottoprodotti (latte, uova) che però non sono prodotti da tutti gli animali. Se al consumo vegetale si aggiungono anche gli insetti prodotti in quell’unità di terra, il bilancio pende ancora di più a sfavore dell’allevamento animale.
Come vincere il disgusto
Ovviamente, una volta che gli insetti per il consumo umano saranno accettati socialmente, tramite la pubblicità e la “brandizzazione” social ad opera degli opinion leader quale cibo salutare e figo (c’è addirittura una corrente di veganesimo che accetta nella dieta giornaliera gli insetti), la battaglia si combatterà sul gusto. Più i piatti a base di insetti saranno appetibili, più avranno successo. Forse un giorno preferiremo la carbonara con le larve, al posto del guanciale. Detto questo c’è poco da fare gli schizzinosi mangiamo abitualmente, come sottoprodotto inconsapevole di altri alimenti, una certa quantità di insetti che rimangono intrappolati nelle preparazioni vegetali. Secondo alcuni studi potrebbero arrivare fino ad un kg di insetti pro-capite. La prossima volta che bevete del latte di soia convinti che sia assolutamente cruelty-free, ricordatevi che state bevendo anche qualche grillo o qualche cicala.
di Leandro Abeille