Il “familiarista”
Un nuovo modo di intendere la professione
L’avvocato Carlo Ioppoli esercita la professione nel settore del diritto di famiglia. Ha coniato il termine “avvocato familiarista” per indicare un nuovo modo di concepire la professione degli avvocati che si occupano di famiglia e minori. Non più matrimonialisti o, peggio ancora, divorzisti, ma avvocati che si occupano della famiglia e dei minori nel complesso, tenendo sempre presente l’interesse supremo del minore e l’etica della professione.
Ha fondato il sito avvocatofamiliarista.it, un network che raggruppa avvocati specializzati in diritto di famiglia e dei minori che concepiscono la professione prima di tutto come una missione in favore delle famiglie e dei minori in difficoltà.
Presidente dell’Associazione Nazionale Familiaristi Italiani (ANFI), che raggruppa avvocati, assistenti sociali, psicologi, mediatori ed altre figure del panorama sociale, medico e giuridico che ruota intorno alla famiglia e come tale promuove il diritto di famiglia su tutto il territorio nazionale, coordinando convegni, congressi nazionali e incontri di studio.
Avvocato chi è, di solito, la parte debole del divorzio?
Non si può definire a priori chi sia la parte debole in caso di divorzio; ogni caso è diverso. Tuttavia, spesso sono i padri ad essere le “parti deboli”. La maggior parte delle volte il figlio viene affidato alla madre, con la casa familiare. Il padre è così costretto a trovarsi una nuova abitazione, a pagare il contributo al mantenimento del figlio e, spesso, anche l’assegno divorzile all’ex moglie, sebbene con le SS.UU. del 2018 sia venuto quasi definitivamente meno il requisito del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
C’è una generale paura negli uomini circa le cause di divorzio. E’ giustificata questa paura?
Padri e madri hanno pari diritti e doveri nei confronti dei figli, sanciti dal Codice Civile e dalla Giurisprudenza, sia Nomofilattica, che di merito. La paura può essere giustificata nei casi di abusi e maltrattamenti in famiglia, per il resto non vedo perché ci debba essere.
Esiste una disparità giuridica reale (nei tribunali) tra uomini e donne al di là del fatto che la legge non la sancisce?
Come già sopra rappresentato, succede. Di ovvietà, vi sono casi diversi: se la madre, di comune accordo col padre, ha curato la casa ed i figli per permettere al padre di realizzarsi professionalmente, è un conto; ma se la madre ha entrate congrue o se non sfrutta la propria capacità lavorativa, sussiste spesso una sperequazione tra le due figure. Si tratta di problematiche che non si possono spiegare in poche parole.
Quali sono le richieste più comuni (in termini di concessioni da ottenere) che le fanno gli uomini e le donne per la causa di divorzio?
Spesso le madri chiedono l’assegno di mantenimento in favore dei figli e la casa familiare, oltre all’assegno divorzile; i padri, il più delle volte, chiedono una riduzione di tale assegno o la sua cancellazione, spesso perché non riescono a vivere con quel che resta.
Quale sono le richieste più assurde che le hanno fatto? (uomini e donne)
Ogni persona è diversa… ma posso dire che le richieste più assurde vengono fatte dopo che l’Assistito pretende di sostituirsi all’Avvocato, di fatto non riconoscendo che se si rivolge ad un legale è perché non ha le conoscenze tecnico – giuridiche necessarie.
La coppia divorzia, la mamma rimane a vivere nella casa insieme ai figli, il papà paga la sua parte del mutuo oltre al mantenimento. La mamma ospita in casa il suo nuovo fidanzato. Il papà continua a pagare il mutuo. Come commenta eticamente, da uomo di legge, una situazione del genere?
In questo caso, come rappresentato prima, si arriva ad una differenziazione tra i due ruoli del tutto ingiustificata nei confronti del padre. Spesso alcune mamme si trasferiscono lontano con i propri figli, costringendo i papà a lunghi periodi senza frequentare la prole. Si possono in qualche modo limitare questi allontanamenti?
Si possono limitare, ma con lunghi e problematici procedimenti, se dall’altra parte non vi è la consapevolezza che il padre ha gli stessi diritti, come i doveri, della madre. Si tratta di procedimenti lunghi e faticosi, sia per l’Avvocato che per l’Assistito, resi ancora più difficoltosi dalla lentezza della Giustizia.
Al di là della verità giuridica che si evidenzia nei tribunali. È vero che molte donne accusano falsamente gli uomini di maltrattamenti per ottenere migliori condizioni di divorzio? Quante potrebbero essere – indicativamente – le denunce false?
Non sono in grado di fare una stima. Accade spesso, certo. Il tutto, ovviamente, a discapito delle donne che subiscono davvero i maltrattamenti e che hanno diritto ad ogni tutela possibile.
Cos’è la sindrome da alienazione parentale? Ed esiste davvero?
Tale sindrome, non riconosciuta come malattia, rappresenta una dinamica psicologica disfunzionale che si attiva sui figli minori, in specie coinvolti in processi di separazioni e divorzi conflittuali. Si sostanzia nel fatto che uno dei genitori (l’alienante) avvia nei confronti dell’altro coniuge (l’alienato), un’autentica campagna di denigrazione finalizzata a far sentire come nociva e pericolosa la frequentazione del figlio da parte dell’altro genitore e della famiglia di quest’ultimo.
Non mi interessa, da giurista, sapere se è una sindrome o meno: di fatto, nei tantissimi casi di cui mi sono occupato, il fenomeno esiste e deve essere studiato, analizzato e curato.
Andrebbe rivisto il diritto di famiglia?
A giugno si terrà un convegno di due giorni a Roma in cui parleremo proprio di questo, il Meeting Nazionale sulla Giustizia Familiare (9 e 10 giugno presso il Teatro degli Eroi).
Quale consiglio darebbe ai suoi figli che vogliono sposarsi?
Rispettarsi a vicenda ed amare i figli. Sembra semplice, ma non lo è.
a cura di Leandro Abeille