La chimica in cucina. Tutto si trasforma
di Daniele Garritano
Sono ormai diversi anni che il termine “Chemofobia” è diventato convenzionale, dato il crescente aumento della diffidenza per tutto ciò che è “chimico”. Quando si associa questo termine ad un prodotto, l’immaginario comune vuole si stia parlando di un qualcosa di tossico o pericoloso. Tutto ciò che viene sintetizzato in laboratorio quindi, diviene automaticamente materiale da cui stare alla larga, poiché non essendo “naturale” sarà sicuramente dannoso per la salute del consumatore.
Questo vorrebbe dire che siamo tutti in estremo pericolo poiché ogni giorno milioni e milioni di persone danno il via alle più disparate reazioni chimiche in un laboratorio dove chiunque può accedervi ed utilizzare senza nessun limite. Parliamo proprio della nostra cucina.
Il laboratorio nella cucina
Senza saperlo quando cuciniamo o condiamo gli alimenti, diamo il via a processi termodinamici, cinetici, sintesi organiche, ossidoriduzioni o reazioni acido-base. Proprio così, fare chimica non vuol dire creare materiali sintetici innaturali o dannosi, fare chimica vuol dire trasformare, miscelare, replicare e a volte, perché no, migliorare quello che la natura ci dona.
Chissà quante persone ogni giorno adoperano “la prima reazione alchemica”, una reazione millenaria sviluppata quando ancora la chimica si chiamava appunto alchimia, l’esoterica mamma della scienza che è oggi. Questo antico ed importantissimo procedimento si chiama “ebollizione dell’acqua”. Proprio così, questo processo che facciamo in automatico, riempire una pentola d’acqua, metterla sul fuoco ed aspettare che bolla per buttarci la pasta ha in realtà un importantissimo risvolto termodinamico. È solito pensare che l’acqua bolla a 100 °C, ma non è così semplice: questa raggiunge la temperatura di ebollizione quando la pressione di vapore, sviluppata in seguito al passaggio dallo stato liquido allo stato vapore, raggiunge lo stesso valore della pressione atmosferica di 1,01 bar (livello del mare). Infatti, chi ha avuto modo di bollire l’acqua in alta montagna per esempio, ha dovuto aspettare che la temperatura raggiungesse i 90 °C, poiché la pressione atmosferica lì è più bassa. Inoltre, rispondendo all’eterno quesito se il sale vada messo prima o dopo l’ebollizione, la risposta è assolutamente dopo, a meno che non vogliate volontariamente ritardare il processo. Aggiungendo un soluto (il sale da cucina), termodinamicamente la pressione dell’acqua ne risentirà – abbassandosi – con la conseguenza che impiegherà più tempo per eguagliare la pressione atmosferica. Quindi in poche parole, mettendo prima il sale, l’acqua bollirà dopo!
Iniziando la giornata
La chimica sembra complicata, e in molti casi lo è ma ci sono argomenti fondamentali che appartengono alla nostra routine quotidiana che dovrebbero far riflettere su quanto questa scienza appartenga ad ognuno di noi.
Chiunque immagina il chimico come una persona assorta nel suo laboratorio a intrugliare sostanze dai colori accessi provocando esplosioni o fumi tossici. Una ricetta chimica in realtà è molto simile a una ricetta culinaria, e possiamo dimostrarlo con un esperimento avente come risultato una soluzione che tutti noi conosciamo molto bene: il caffè. Fare questa bevanda con la moka o la macchinetta è anch’esso dipendente da bilanciamenti, dosaggi e accortezze chimiche. Perciò indossiamo il camice e cominciamo.
Innanzitutto c’è una netta differenza dalla miscela in busta che compriamo al supermercato e i chicchi di caffè che maciniamo personalmente. La miscela, al livello molecolare ha maggior propensione ad assorbire l’umidità e questo porterà a una denaturazione del prodotto. Se invece maciniamo poco prima di metterlo nella moka questo conserverà la sua composizione molecolare guadagnandoci in sapore ed aroma.
Un altro ingrediente da specificare è l’acqua: andrebbe utilizzata quella minerale, poiché maggiormente pura e soprattutto meno dura, cioè avente un quantitativo di ioni calcio e magnesio inferiore, i quali, in reazione, andranno ad associarsi ad altri ioni formando dei sali che influiranno sulla composizione della soluzione finale. La sua temperatura deve essere quella ambiente, mettere acqua calda non la farà arrivare prima all’ebollizione.
Il filtro va riempito con una precisa quantità di miscela ovvero sono preferibili 120 mg di caffè ogni 50 ml di acqua per avere una concentrazione ottimale. Una volta chiusa la nostra moka si mette a riscaldare. L’aumento di temperatura favorirà la solubilizzazione (lo scioglimento) della miscela di caffè in acqua, permettendoci di gustare questa soluzione che noi italiani tanto amiamo.
In laboratorio con processi a volte più semplici a volte più complessi di questo si possono ottenere dai farmaci agli alimenti, prodotti per la casa o strumenti di lavoro. Ovvio è, che più complesso è il prodotto maggiore deve essere la preparazione e la conoscenza del chimico, ma per un buon caffè è necessario solo il suo richiamo mattutino.
Il BBQ
Tutti diventiamo chimici organici quando mettiamo una bistecca sulla piastra e accendiamo il fuoco. Sembra assurdo che questo possa rientrare in quella complicatissima disciplina piena di carboni e molecole complesse da disegnare e spiegare ma, quello che state per fare è una vera e propria reazione organica chiamata reazione di Maillard: una serie di processi che avvengono tra gli zuccheri e gli amminoacidi delle proteine durante la cottura che porta successivamente all’imbrunimento della carne. E non solo stiamo facendo in modo che carboni carbonilici e amminoacidi N-terminali si incontrino, ma stiamo anche regolando la cinetica chimica attraverso un controllo meticoloso della temperatura: una buona reazione di Maillard si stabilizza sui 140 °C senza superare i 180 °C, perché nella nostra resa di reazione non vogliamo ci siano anche benzopireni, brutte molecole la cui presenza è indicata da chiazze nere sulla nostra bella bistecca. Insomma, non vogliamo che la nostra cena si bruci!
Il limone e il pesce
E nel caso non ci vada la carne possiamo sempre ricercare il giusto apporto proteico in un altro alimento come il pesce. Spesso pero non siamo attratti dal suo odore pungente soprattutto quando è fresco ma non freschissimo. L’odore è dovuto alle ammine volatili, dal carattere basico, presenti nella struttura molecolare dei pesci. Allora da bravi chimici quali noi siamo, andremo a neutralizzare questa basicità con un acido, che sia acido citrico o acido acetico. Niente di più semplice di una bella strizzata di limone o un filo di aceto su questo alimento per avviare una reazione acido-base che trasforma quelle basi dall’odore fastidioso in dei sali di ammonio inodori.
Frutta e verdura
Il succo di limone inoltre, può essere utilizzato in maniera efficace anche su altri alimenti come frutta e ortaggi già tagliati che col tempo subiscono quell’imbrunimento dovuto alla reazione di ossidoriduzione con l’ossigeno dell’aria che ne modifica l’aspetto e al lungo andare anche il sapore, nonché i valori nutritivi. L’azione dell’acido citrico bloccherà queste reazioni preservando la struttura della nostra frutta grazie alle sue proprietà antiossidanti.
Non c’è da preoccuparsi troppo
Insomma tra abitudine e trucchi, la chimica in cucina è la porzione principale. Avere paura di questa scienza come vedete, non ha molto senso poiché tutti siamo chimici e tutto è chimica. In laboratorio si va semplicemente a replicare o migliorare prodotti sempre più richiesti dalla domanda della popolazione, troppo numerosa oramai perché la natura possa soddisfarla. Ma una sintesi in laboratorio non va a modificare, come molte fake news o suggestioni fanno intendere, la struttura molecolare di determinati prodotti. I processi chimici emulano semplicemente quello che la natura fa da migliaia di anni. Sicuramente ci sono alimenti che fanno più male di altri, ma questo dipende esclusivamente dalla natura di questi (una merendina ha sicuramente dei valori nutrizionali diversi rispetto a uno yogurt magro) e non da malvagie alterazioni che il chimico adopera perché al mondo, in fondo, non c’è niente di più naturale della chimica.