Energie rinnovabili: le alternative ci sono

Energie rinnovabili: le alternative ci sono

Non potevamo chiudere il 2024 con un argo­mento diverso. La carente tutela normativa dell’am­biente, i troppo discussi effetti del cam­biamento climatico, le resistenze della maggioranza e di una certa classe imprenditoriale, non di rado accompagnate da un forte clima di scetticismo di fronte alla sempre più urgente transizione ecolo­gica… sono questi i grandi temi di oggi e, al contempo, le grandi sfide di “domani”, dato che ancora non le stiamo seriamente affrontando. Un “domani” che dovrebbe preoccupare e che invece viene messo costantemente in secondo piano. Lo si è visto a Baku, nel corso di una Cop29 con il “freno a mano tirato”, svoltasi in un clima di sfiducia e di scarsa collaborazione. Il messaggio, da parte delle potenze “maggiori”, è passato fin troppo chiaro e lo si può riassumere nelle parole della stessa Giorgia Meloni: «Per ora non ci sono valide alternative al fossile». Più che fiacca, questa è una lettura disfattista, se non deviante. O conservatrice, semmai, vera nella misura in cui le potenze occidentali si ostinano a fare “capannello” intorno ai mercati tradizionali del fossile, con prospettive future sempre più incerte. Non sono bastate le alluvioni dell’Emilia Romagna, le temperature estive da record, la “scoperta” della siccità, le terrificanti immagini di Valencia, un Mar Mediterraneo sempre più caldo e imprevedibile… almeno in Italia, poi, parlare di “effetti diretti” o riconducibili al cambiamento climatico è ancora percepito come un linguaggio fazioso, una minaccia al grande giro d’affari del mercato immobiliare e edilizio. Affari che non si fermano mai, che portano ancora tanto cemento, tanta impermeabilizzazione del suolo, tanto degrado ambientale, tutto a discapito del capitale naturale, economico e, soprattutto, della nostra sicurezza. Difficile dire se faremo tesoro della lezione di Valencia, forse no. Eppure vedere improvvisamente in ginocchio la terza città della Spagna dovrebbe farci riflettere. Anche perché non c’è territorio geograficamente più espo­sto nel Mediterraneo della nostra Penisola, segnata all’interno da ampie zone a rischio dissesto idrogeologico, oppure ad alto rischio sismico, nonché infra­strutture datate… e politiche quan­to­meno discutibili. C’è veramente poco margine per essere scettici, tantomeno inoperosi. Tornando al dramma spagnolo, ferma restando la totale incapacità della Generalitat valenciana di Mazòn di interpretare oggettivamente gli allarmi a più riprese ricevuti, un altro aspetto preoccupante riguarda la capillare disinformazione scatenatasi nei giorni e nelle settimane successive alla Dana: fake news, complotti improbabili, per la maggiore fatti circolare da utenti e profili molto vicini all’elettorato dell’estrema destra spagnola. Un precedente che dobbiamo tenere a mente, visto le abitudini di “casa nostra”. Riprendendo la dichiarazione di Meloni, sulla (presunta) poca incisività delle energie rinnovabili, le risposte sono arrivate numerose, anche in Parlamento; da menzionare in merito, l’intervento del deputato AVS Filiberto Zaratti, di cui citiamo un passaggio abbastanza esplicativo: «Non è vero che le energie rinnovabili non possano essere rilevanti (…). L’interesse nazionale è favorire quelle fonti di energia di cui il nostro Paese è ricco, e siccome questo Paese non ha il petrolio, non ha il gas, non ha il carbone e non ha neanche l’uranio, è evidente che noi dobbiamo puntare su quelle fonti che riguardano il nostro Paese, che sono il sole e il vento. Certo queste fonti energetiche hanno un “difetto”: non costano nulla, non ci si può speculare sopra, come col petrolio, col gas (…)». Per concludere, magari con un barlume di ottimismo: lo scorso 23 novembre, ricorrenza del tragico sisma che nel 1980 sconvolse i territori dell’Irpinia e della Basilicata, la nostra redazione ha partecipato alla festa dei 40 anni della Prociv Arci , nata nel 1984. Riteniamo che tutto il mondo del volontariato della Protezione Civile, con il suo immenso bagaglio di esperienze e professionalità, soprattutto sulla pratica e divul­ga­zione della prevenzione ambientale, possa co­sti­tuire una speranza futura, una nuova voce, in un dibattito pubblico, quello delle politiche ambientali, sempre più falsato e filtrato dai “detrattori” dell’impatto del cambiamento climatico; da un po’ di tempo la stampa gli ha dato anche un nome, molto mediatico e riconoscibile: “climascetticisti”. Suona bene e rende l’idea, lo abbiamo adottato subito. Speriamo sia solo acqua che passa. Un buon 2025 a tutti i Lettori di Dossier Sicurezza.

Il Direttore Editoriale
Matteo Picconi

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