Quello che i volontari non possono fare. La sicurezza non è “cosa” per i volontari di Protezione Civile
di Leandro Abeille
Le definizioni necessarie
Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza stabilisce che gli “enti pubblici gli altri enti collettivi i privati possono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari o di immobiliari”. L’articolo 134 dispone che “senza licenza del prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà immobiliare o immobiliari”. “Vigilare” vuol dire “sorvegliare”, cioè: “seguire con attenzione e controllare ciò che succede per poter intervenire rapidamente ed efficacemente se necessario”. Custodire, invece, vuol dire: “avere cura vigilare maniera responsabile sorvegliando un luogo, una persona, una cosa, preservandoli dai pericoli”. Seguendo il significato della lingua italiana, per proteggere un bene mobile dall’ “essere sottratto” o “danneggiato” e un bene immobile dall’essere “occupato abusivamente o depredato” si dovrà vigilare e custodire. La stessa Corte di Cassazione con la sentenza numero 14258, del 21 aprile 2006, ha rilevato che l’elemento che qualifica un determinato servizio come “vigilanza privata” è dato dal suo porsi come attività di salvaguardia di beni affidati alle proprie cure e quindi, come attività volta in via mediata a contribuire alla preservazione dell’ordine e della sicurezza pubblica. Ne consegue che, tranne che non vengono distorti i termini della lingua italiana (e del diritto), chiunque voglia far proteggere un suo bene è obbligato a rivolgersi ad una guardia particolare giurata così come previsto dal testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza.
Il Volontariato
Nella giungla della vigilanza privata, da qualche tempo si è aggiunto un nuovo predatore: il volontariato. Associazioni di protezione civile, spesso con riferimenti alla Polizia ed ai Carabinieri, che si propongono a prezzi stracciati per attività di “sorveglianza”, “osservazione” e “sicurezza”. Queste attività che sembrano assolutamente legittime ed utili, sfociano spessissimo nella vigilanza e custodia dei beni mobili e immobili altrui o in attività di repressione dei reati e degli illeciti amministrativi che sono di competenza esclusiva delle forze dell’ordine. È bene ricordare che l’unica possibilità di impiegare volontari e cioè “soggetti iscritti ad Associazioni di protezione civile riconosciute nonché personale in quiescenza già appartenente alle forze dell’ordine, alle forze armate, ai Corpi dei Vigili Urbani, dei Vigili del Fuoco, al Servizio Sanitario per i quali sia stata attestata l’idoneità psico-fisica, ovvero altri operatori in possesso di adeguata formazione in materia” (Piantedosi, Linea guida per l’individuazione delle misure di contenimento del rischio in manifestazioni pubbliche con peculiari condizioni di criticità, Luglio 2018), è nell’ambito della gestione della sicurezza delle manifestazioni pubbliche, sottoposte a regime autorizzatorio di cui agli artt. 18, 25 e 80 del TULPS. Questi soggetti sono destinati alla mera assistenza all’esodo e all’instradamento e monitoraggio dell’evento, mentre agli Addetti alla lotta all’incendio e alla gestione dell’emergenza (formati con corsi di livello C ai sensi del DM 10 marzo 1998 e abilitati ai sensi dell’art. 3 della Legge 609/96) è possibile affidare anche la lotta antincendio oltre all’assistenza all’esodo e all’instradamento e monitoraggio dell’evento. Quando un volontario, anche se rimborsato, rimane operativamente confinato a gestire la “sagra del fungo porcino”, della salsiccia o dell’acciuga, nulla quaestio, le cose cambiano quando questi servizi, a volte con la complicità dei Comuni, travalicano i compiti affidabili alle associazioni di volontariato. Il Capo della Protezione Civile Bertolaso ricordava (Circolare 10 marzo 2009) che “la materia della protezione civile è chiaramente distinta e non sovrapponibile rispetto a quella dell’ordine pubblico e della sicurezza”. Anche se è possibile per i Sindaci utilizzare il volontariato per preservare la Sicurezza urbana, le Associazioni impegnate devono essere diverse da quelle di protezione civile e quando invece hanno la possibilità di fare entrambe le funzioni: “Deve essere però assicurato che l’aderente all’associazione di volontariato di protezione civile, allorquando ponga in essere azioni volte a preservare la sicurezza urbana o ad impedire situazioni di disagio sociale, non utilizzi uniformi, simboli, emblemi, mezzi o attrezzature riconducibili alla protezione civile”.
La legge prevede la figura degli “assistenti civici”, ovvero di volontari che collaborano con la Polizia Locale per realizzare una presenza attiva sul territorio, aggiuntiva e non sostitutiva rispetto a quella ordinariamente garantita dalla Polizia Locale, al fine di scoraggiare il degrado (Art. 5 comma 2 punto “a” della legge n. 48 del 18 aprile 2017) ma quello che sta succedendo è piuttosto differente. Con la “scusa” di effettuare dei servizi di osservazione anti degrado queste associazioni di volontariato fanno accordi con altre associazioni di commercianti o con negozi singoli per la vigilanza degli stessi. Anche in questo caso la ragione appare evidente: i volontari indossano divise che, in qualche caso, ricordano quelle delle forze di polizia e costano praticamente nulla. Un volontario, per una pattuglia appiedata in una zona ben delimitata ed in favore di più commercianti, percepisce 15€ per 5 ore. Tre euro l’ora, praticamente la sicurezza più conveniente che esista. Occorre fare un disclaimer ma semplicemente per non essere querelati, non tutte queste associazioni di volontariato si prestano a vigilare custodire, illegalmente, i beni mobili e immobili altrui ma è pur vero, che sempre più spesso si vedono le associazioni di volontariato impegnate in questo tipo di lavoro.
A volte anche le istituzioni affidano ai volontari la loro sicurezza come nel caso di un’associazione che percepiva compensi da alcuni enti pubblici tra Anzio, Nettuno ed Ardea, nei pressi di Roma. Eclatante invece il caso dell’affidamento della vigilanza di alcune stazioni della metropolitana di Roma ad un’associazione di volontariato che si richiamava ai carabinieri (cfr.https://video.corriere.it/roma-vigilantes-treni-notturni-mi-sono-comprato-manganello-difendermi/). Per avere un volontario che vigili sui beni mobili o immobili basta fare una telefonata e farsi fare un preventivo, nessuno o quasi, rifiuta. C’è di più, molte associazioni di volontariato invadono anche altri ambiti, è il caso dei servizi d’ordine in fiere, esposizioni e manifestazioni sportive, dove dovrebbero essere impiegati rispettivamente “addetti ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi (gli ex buttafuori)” e steward (anche se sono nati solo per il calcio). Questi frequentano corsi di formazione professionale, vengono esaminati e sono iscritti ad elenchi presso le Prefetture ma costano di più dei volontari e di conseguenza non vengono neanche presi in considerazione. Il problema è anche quando le varie (e legittime) associazioni di volontariato, senza alcuna autorizzazione, si fregiano di nomi ed insegne che sono tipiche delle forze armate o civili dello Stato come le divise, le mostrine o il nome delle funzioni. Numerosi in questo caso gli abusi quando un ignaro cittadino, confuso da un’uniforme, crede di essere controllato da una legittima forza di polizia e viene perquisito o gli viene “sequestrato” qualcosa.
Solo delle guardie armate (nel caso delle G.P.G.), normate, certificate e non volontari o in qualche caso, portieri, possono garantire degli standard di sicurezza, addirittura il Capo della Polizia (Circolare di indirizzo del 23 aprile 2019) afferma che: “è evidente, infatti, che lo svolgimento di servizi da parte di soggetti di cui non siano stati preventivamente verificati i requisiti, non solo morali, ma anche tecnico-organizzativi e privi delle capacità di intervento proprie degli operatori della vigilanza privata implica un abbassamento dei livelli di salvaguardia dei beni vigilati e di tutela delle Infrastrutture e degli altri siti sensibili oggetto dei servizi di sicurezza complementare e sussidiaria ciò si traduce in un automatico incremento del rischio potenziale cui sono esposti i possibili obiettivi di azioni criminali mi può essere trascurato il fatto che l’abusiva erogazione dei servizi riservati agli istituti di vigilanza ed alle guardie giurate realizza una grave distorsione del mercato che danneggia le imprese della sicurezza privata operanti in condizioni di legalità”.