Società in numeri

Società in numeri

Ambiente

Catastrofi naturali, europei sempre più in allerta. Nel febbraio dello scorso anno la Commissione europea aveva stabilito per tutti gli Stati membri obiettivi comuni per “rafforzare la resilienza ai disastri nei settori della protezione civile”. Lo scorso mese un’indagine realizzata da Eurobarometro ha riportato i dati relativi alla «consapevolezza dei cittadini dell’UE sui rischi di catastrofe che potrebbero colpirli, la loro preparazione ad affrontare vari scenari di rischio di catastrofe e la fiducia che ripongono in una serie di attori in situazioni di catastrofe. Il sondaggio esplora anche l’impegno dei cittadini dell’UE nel volontariato per aumentare la resilienza alle catastrofi». Dall’indagine sono emersi dati interessanti. Su 27 Stati membri, 17 si sentono più esposti alle calamità naturali; tra questi vi sono i cittadini italiani, dei quali il 44% si sente a rischio rispetto a fenomeni meteorologici estremi. Oltre la metà dei cittadini europei intervistati ha manifestato il bisogno di avere maggiori informazioni per prepararsi alle calamità naturali, evidenziando come tali informazioni non siano adeguatamente reperibili mediante le Istituzioni. L’indagine rileva anche che siamo un continente “poco solidale”: solo il 7% degli intervistati svolge attività di volontariato mentre solo 4 persone su 10 sostengono di avere tempo e risorse per prepararsi ad affrontare un’emergenza. «Una popolazione consapevole e preparata al rischio è una componente cruciale della resilienza ai disastri – ha dichiarato ottimisticamente il commissario europeo Janez Lenarcic – Un approccio “multi-rischio” contribuirà a rafforzare la preparazione personale e le persone potranno continuare a contare sui servizi di emergenza».

 

Sicurezze

Guerra, leva militare e armi, italiani divisi. Hanno fatto molto scalpore i risultati di un sondaggio realizzato da Youtrend per conto dell’emittente televisiva Sky, pubblicati lo scorso 23 settembre. Ne sono emersi dati significativi circa il parere dell’opinione pubblica italiana sui due conflitti in corso, sull’utilizzo delle armi e sulla spesa militare, non ultima la possibile reintroduzione della leva obbligatoria. Riguardo a quest’ultima è emerso un risultato sorprendente: sul totale degli intervistati, il 47% si è dichiarato favorevole al ritorno della naja, il 46% contrario. Le risposte tuttavia variano a seconda delle fasce d’età: tra i più giovani (18-35 anni) è prevalso il “no” con il 55% dei pareri contrari, mentre le percentuali tendono a invertirsi tra gli over 35. Fatta eccezione per questo controverso risultato, gli italiani si sono dimostrati nettamente contro i conflitti bellici in corso. Il 51% sostiene che la fine della guerra russo-ucraina non avrà vincitori (le vittorie di Ucraina e Russia non vanno oltre il 12% dei pareri) e si concluderà con un armistizio; il 42% dei partecipanti si è inoltre dichiarato contrario all’utilizzo di armi italiane in territorio russo; il 38% sostiene che la spesa militare deve essere drasticamente diminuita. Sul conflitto in Medio Oriente, la maggioranza degli italiani (59%) sostiene che la reazione militare israeliana è stata eccessiva, contro un 24% che la considera invece giustificata. Un ultimo dato poco promettente è la crescente sfiducia nei confronti del Consiglio e dell’Assemblea Generale dell’ONU. Un Paese diviso, a tratti confuso, ma per buona parte ancora orientato verso politiche di pace.

 

Salute

Dipendenza da schermo, come salvare i figli. Ormai il fenomeno è sotto gli occhi di tutti: esiste una dipendenza, molto diffusa soprattutto tra i più giovani, dagli schermi dei nostri computer e telefoni cellulari. In Australia la Screens and Gaming Disorder Clinic, in collaborazione con l’Università Macquarie di Sydney, ha condotto un’interessante sperimentazione clinica volta a ridurre l’impatto di tale dipendenza sui minori. Impartendo 5 strategie a 689 coppie di genitori (ossia – come ha riportato l’Ansa – «fissare limiti alla rete wi-fi di casa; limiti ai dati mobili; disconnettere il wi-fi all’ora di andare a letto; negoziare limiti di accesso ai dispositivi e stabilire conseguenze come limiti di accesso per violazione delle regole»), la SGDC ha ottenuto risultati incoraggianti. Tra i minori che manifestavano tale problematica, almeno il 32% ha superato la dipendenza da screen nel giro di pochi mesi. Grande successo è stato riscontrato soprattutto tra i giovani che manifestavano dipendenza da videogiochi: oltre il 60% ha superato il test. La sperimentazione australiana dimostra che il problema può essere risolto ma serve un controllo più rigoroso da parte degli adulti, molto spesso soggetti alla stessa problematica. Ma sono proprio i più piccoli ad essere maggiormente esposti. Il rischio, d’altronde, è a portata di mano, come ribadito da Amy Friedlander, cofondatrice del gruppo di genitori Wait Mate: «Gli smartphone e le app associate sono progettati per creare dipendenza e massimizzare il tempo che gli utenti vi trascorrono. Può essere difficile anche per gli adulti regolarne l’uso, e ancora di più per bambini e adolescenti il cui cervello è ancora in via di sviluppo».

A cura della Redazione

CATEGORIES
Share This