UNIDENTIFIED AERIAL PHENOMENA – Siamo soli nell’Universo?
Quante volte, soprattutto le sere d’estate, alziamo gli occhi al cielo verso il manto stellato, ammirando quelle bellissime luci nel cielo e, inconsciamente o no, cerchiamo quel qualcosa che ci faccia venire un brivido lungo la schiena, quella sensazione ancestrale proveniente da una delle tante domande che ci poniamo da secoli: “Siamo soli nell’universo?”.
Era il 24 giugno 1947 quando Kenneth R. Arnold, un aviatore statunitense, dichiarò di aver visto nove dischi lucenti dal volo irregolare presso i cieli del monte Rainier, a circa 100 km dalla città di Seattle, mentre svolgeva un’attività di ricerca militare di un velivolo andato disperso. Fu il primo avvistamento dell’era moderna a cui si attribuisce la nascita dell’ufologia, disciplina che studia e cerca di spiegare (scientificamente) l’origine e la consistenza delle anomalie osservate nei cieli. Successivo all’avvistamento di Arnold, susseguirono altre centinaia di segnalazioni in tutti gli Stati Uniti. Più i media ne parlavano e più questi avvistamenti aumentavano, arrivando anche ad essere segnalati oltre Oceano fino a raggiungere l’estremo Oriente. Dagli anni 50 agli anni 70 il mondo intero ha puntato gli occhi al cielo alla ricerca dei “dischi volanti”. Il termine UFO acronimo di Unidentified Flying Object (oggetto volante non identificato) era sulla bocca di tutti.
Da UFO a UAP
Anche se UFO etichetta qualunque oggetto individuabile che avesse forme, colori o movimenti “anomali”, venne collettivamente associato a navicelle extraterrestri. Tra il 1947 e il 1969 l’USAF (Aereonautica militare statunitense) perseguì alcuni studi sistematici del fenomeno, raggruppati in quello che venne denominato Project Blue Book nato soprattutto per capire se questi eventi fossero una minaccia per gli Stati Uniti d’America, aveva anche lo scopo di delineare scientificamente la natura degli avvistamenti. Il 17 dicembre 1969 il progetto venne concluso con 12618 casi, di cui il 5% (701) vennero archiviati come “non identificati”.Fu solo uno dei tanti studi del fenomeno che ancora oggi trova spazio in molti centri di ricerca di tutto il mondo, i quali si dedicano a dare una spiegazione scientifica a queste “luci nel cielo”. Negli studi odierni gli avvistamenti sono classificati con la terminologia Unidentified Aerial Phenoma (UAP), per non fare confusione con l’acronimo UFO che nella cultura pop rimanda irrimediabilmente a velivoli alieni, ma soprattutto per dare un’accezione scientifica a questi fenomeni che, il più delle volte, sono attribuibili a fenomeni meccanici, fisici e/o chimici. Vengono suddivisi in cinque categorie distinte: disordini aerei, fenomeni atmosferici, tecnologia industriale (come palloni meteo), tecnologie straniere e/o nemiche, other (altro). Molto spesso la scomparsa di un velivolo o un’incidente aereo avvenuto senza una spiegazione fisica o meccanica può suggestionare e far pensare al più facile caso di attacco UFO, essendo questo un mito comune della cultura popolare fantascientifica che risale al film del 1951 “Ultimatum alla Terra” e poi ripreso da molte altre pellicole dello stesso genere, dove gli ostili extraterrestri sono in possesso di una sorta di arma che attraverso una corrente elettromagnetica ha il potere di “bloccare” qualsiasi apparecchio elettronico. In realtà, il nostro pianeta è bombardato da radiazioni di ogni tipo, qualcuna proveniente dal pianeta stesso e i suoi elementi, altri provenienti dal cosmo, in primis il nostro Sole. E’ quindi facile, seppur molte volte tragico, che queste radiazioni mandino in tilt radar, satelliti o ricevitori. Se radiazioni o elementi radioattivi sono responsabili di incidenti, anche le nostre stesse tecnologie vengono classificate come UAP che provocano avvistamenti e incidenti.
UAP poco extra e molto terrestri
Celebre è il caso del pilota americano Thomas Mantell che nel gennaio del 1948 venne inviato a indagare su un presunto oggetto luminoso comparso misteriosamente in pieno giorno. Il malaugurato pilota venne ritrovato schiantato al suolo insieme al suo aereo. Un attacco alieno divenne subito la soluzione più apprezzata dai media, ma la realtà era meno fantascientifica e molto più umana: Mantell si ritrovò ad inseguire un pallone stratosferico, tecnologia all’epoca avanzata che, sotto le mentite spoglie di strumento individuante raggi cosmici, risultava invece fondamentale per le ricognizioni fotografiche sul territorio sovietico. L’esistenza di tali attività militari doveva ovviamente rimanere segreta, quindi il fatto che l’opinione pubblica volgeva alla soluzione extraterrestre faceva comodo a tutti. Il povero Mantell morì in seguito a ipossia, dovuta all’alta quota raggiunta per inseguire il presunto velivolo ignoto, per poi schiantarsi al suolo. Se le tecnologie del proprio paese possono indurre ad incidenti del genere, gli UAP ritenuti tecnologie straniere e/o nemiche, potrebbero creare altri tipi di problemi. Non è passata inosservata la recente dichiarazione dell’ex presidente USA Barack Obama al popolare “Late Late Show” di James Corden: “Gli UFO esistono. Non si scherza”. Obama racconta che ci sono tantissimi video e registrazioni in cui vengono avvistati oggetti non identificabili, di cui ancora oggi non si hanno spiegazioni scientifiche valide. Parlare di UFO (anziché di UAP) in un programma così seguito non è poca cosa, specie in un momento in cui gli Stati Uniti stanno perdendo qualche colpo al livello geopolitico (vedi l’abbandono di Kabul), i più scettici potrebbe pensare che sia più una mossa per non ammettere debolezza. Se 70 anni fa lo spionaggio politico si faceva con palloni stratosferici, nell’era del “Progetto Marte”, verranno utilizzate tecnologie più recenti come ad esempio Droni, tra i principali strumenti moderni “confusi” come UFO. Quindi con tanta malizia si potrebbe pensare che sia molto meglio deviare l’attenzione dell’opinione pubblica verso il cosmo piuttosto che ammettere l’invasione di tecnologie straniere nei propri territori.
Luci nel cielo
Solitamente gli avvistamenti si riducono quasi sempre agli stessi oggetti volanti: palloni sonda, aerei, droni, bolidi, meteore o lanterne cinesi. Ci sono però, delle luci nel cielo ancora più misteriose riconducibili a bagliori che vanno dal bianco ai colori più accesi sparendo poco dopo. Potrebbero essere dischi volanti che superano la velocità della luce, anche se sarebbe un problema per la nostra Fisica e la Relatività di Einstein e per cui potrebbero anche non essere gli amici verdi in cerca di un primo contatto. Dovremo attendere che la Teoria delle Stringhe risolva il mistero dei “viaggi luce”, nel frattempo fare il quadro della situazione. La nostra atmosfera è suddivisa in strati, da quella che abitiamo la “Troposfera” (dal suolo si estende fino a 10-15 km e dove la temperatura decresce con la quota; è la sede dei tipici fenomeni meteorologici, come nubi e precipitazioni) alla “Stratosfera” (compresa tra 15 e 60 km dal suolo, caratterizzata da un aumento della temperatura con la quota e sede dell’ozonosfera) fino ad arrivare alla “Mesosfera”, “Termosfera” ed “Esosfera” (si trova ad una distanza di oltre 500 Km e non ha un limite superiore definito). In queste “sfere” le molecole danzano vorticosamente reagendo e trasformandosi. Anche se la troposfera è composta principalmente da azoto e ossigeno e la stratosfera porta con sé il suo strato di ozono, in piccole quantità sono presenti una moltitudine di altre molecole e particelle: dall’acqua, all’anidride carbonica, dai radicali idrossidi, agli alogeni. Tutte queste molecole hanno una loro capacità di assorbire le radiazioni e la luce in una determinata frequenza restituendo a loro volta, a seguito dell’eccitazione, altre frequenze. Queste frequenze noi le chiamiamo comunemente “colori”. I gas dell’atmosfera assorbono la luce del sole restituendo una frequenza che nello spettro dei colori appartiene al “Blu”. Se il cielo è nuvoloso invece, la presenza di tantissime molecole d’acqua nell’atmosfera fa si che vengono assorbite tutte le frequenze eccetto il “Grigio”. In questi due casi parliamo della composizione atmosferica nel suo complesso, ma un bagliore “Verde” in pieno cielo azzurro non vuole per forza dire che sia un attacco alieno, ma piuttosto che una radiazione cosmica o una frequenza particolare è stata assorbita da una determinata specie molecolare dando luogo a quel particolare, ma anche spettacolare, bagliore.
Visitatori alieni
Senza negare a chi vuole credere negli alieni, è giusto sottolineare che nelle classificazioni UAP è presente la categoria “Other”. Altre situazioni che non appartengono ai casi precedentemente elencati. Se siano avvistamenti alieni o situazioni non ancora spiegate scientificamente, non possiamo affermarlo con certezza, ma come diceva l’astronomo Carl Sagan l’argomento va affrontato con “scetticismo scientifico”: non credere ad ogni sorta di diceria sugli UFO e nemmeno negare a priori l’argomento. “Siamo soli nell’universo?” Sarebbe assurdo rispondere “si”, ma è bene trovare la risposta certa attraverso raziocinio e metodo scientifico. Considerando che in tutto l’Universo possano esserci centinaia di milioni di altre specie, dovremo eliminare quelle non senzienti, quelle meno sviluppate di noi, quelle sviluppate al nostro pari, quelle che non sono riuscite a viaggiare più veloci della luce (viaggiando a 300.000 km al secondo arriverebbero da noi in migliaia di anni). Tra quelle che hanno sviluppato la velocità “curvatura” (quella di Star Trek per intenderci) dovremo eliminare quelle che non vogliono contattarci (siamo troppo primitivi). Rimangono quelle che vogliono studiarci e tranne per qualche errore non ci renderemmo conto di essere studiati e quelle che vorrebbero dominarci. Di queste – sinceramente – sarebbe il caso di farne a meno.
Daniele Garritano